Chi è nato nel 2002, quest’anno, nel 2020, diventa maggiorenne: addio adolescenza, si diventa adulti.
Il 2002 è stato un anno importante perché entrò in vigore l’Euro, il Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi venne liberata dopo oltre un anno e mezzo di prigionia, la Russia diventò ufficialmente un membro del G8, Michael Schumacher vinse il suo quinto Mondiale e si tennero le Olimpiadi invernali di Salt Lake City.
Calcisticamente, nel 2002 il Real Madrid, a Glasgow, vinse la sua nona Champions League sconfiggendo i tedeschi del Bayer Leverkusen in finale per 2-1, con il celebre gol al volo di Zinedine Zidane da fuori area.
Il 2002 però è stato anno "mondiale", con la prima edizione della kermesse calcistica iridata disputatasi in Asia con l’organizzazione congiunta di Corea del Sud e Giappone: a vincere quel campionato fu, per la quinta volta, il Brasile che sconfisse in finale la Germania.
Quel 2002 è stato l’anno (in negativo) di Michael Ballack, con l’attaccante del Bayer Leverkusen che nel giro di un due mesi perse titolo nazionale, Champions League, Coppa di Germania, per un gol non vinse la classifica marcatori della Bundesliga e per squalifica non disputò la finale di Yokohama. Ma non si vuole parlare qua dell’iconico attaccante di Gorlitz, ma invece di colui che ha vissuto il 2002 come una vera montagna russa tra lacrime, gioia, capelli bizzarri, tradimenti (di tifo), contratti milionari, Pallone d’oro a dicembre e una carriera che riuscì a toccare ancora vette estreme: Luis Nazario da Lima detto Ronaldo, alias "il fenomeno".
Il 2002 del (fu) "fenomeno" è divisibile in tre date: 5 maggio, 30 giugno e 31 agosto. E, volendo, si possono aggiungere anche il 3 ed il 17 dicembre.
Sul 5 maggio 2002, si è scritto e detto di tutto: è stato il "5 maggio" interista, con la squadra allora allenata da Hector Cuper che, all’ultima giornata del campionato, fece harakiri andando a perdere 4-2 in casa della Lazio, lasciando la vittoria dello scudetto alla Juventus che, vincendo agevolmente a Udine, superò la squadra nerazzurra, conquistando il suo 26° scudetto. Come se non bastasse, l’Inter chiuse il campionato addirittura al terzo posto, visto che la Roma, terza a 90’ dalla fine del campionato, vinse a Torino contro i granata, scavalcando Ronaldo e soci.
Una beffa atroce passata alla storia con lo stesso Ronaldo seduto in panchina con la mano sulla faccia a piangere dalla disperazione con le lacrime che gli scendevano copiose dal viso.
Per l’asso di Bento Riberio, quella fu la prima vera beffa della carriera, non contando gli infortuni che lo massacrarono tra il 1998 ed il 2000. E proprio la stagione 2001/2002 vide Ronaldo tornare in campo dopo 18 mesi di assenza per infortunio e tornare ad essere decisivo sotto porta. Era tornato ad essere quello che era stato prima dei terribili infortuni al tendine rotuleo del ginocchio destro del 21 novembre 1999 e del 12 aprile 2000 contro Lecce e Lazio: il più forte attaccante del Mondo.
E quella stagione lo vide andare in gol 7 volte in sole dieci partite giocate in campionato, ma non bastò: Inter terza e appuntamento mancato con lo scudetto per la tredicesima volta consecutive.
Da quel momento, la carriera di Ronaldo prese un’altra piega: Moratti nonostante la beffa atroce, decise di confermare per la stagione successiva ancora Cuper e questo al fenomenale attaccante brasiliano non stava bene.
Ma la testa di Ronaldo era tutta verso il Mondiale nippo-coreano, il terzo cui prese parte. Ronaldo con i Campionati del Mondo aveva un grosso conto aperto: dopo essere stato meno di una comparsa a Usa ‘94, tutti si ricordano del Mondiale francese del 1998 con il Brasile schiantato in finale dalla Francia padrona di casa per 3-0 a Saint Denis. In quella finale Ronaldo giocò ma è come se non avesse giocato, complice ciò che gli successe cinque ore prima del calcio d’inizio della finalissima: il grave attacco di epilessia che lo colpì in camera, il trasporto in ospedale, la certezza di non giocare e la conferma che sarebbe sceso in campo neanche quarantacinque minuti prima del suono degli inni nazionali. E tutti hanno davanti agli occhi l’immagine di Ronaldo che scende con molta fatica le scale dell’areo, appoggiandosi al bordo della scaletta al ritorno della Seleçao in patria.
Da allora erano passati quattro anni: Ronaldo era tornato competitivo, se non bloccato dai due brutti infortuni, soprattutto quello del 12 aprile 2000 quando, nella finale di andata di Coppa Italia, Ronaldo, entrato al 58’, durante una delle sue celebri progressioni palla al piede a ridosso dell’area di rigore, cadde a terra in lacrime, urlando e toccandosi il ginocchio destro. Il solito ginocchio destro. Non era neanche passato un minuto dal suo ingresso in campo.
Felipe Scolari, tecnico della Selezione verde-oro, decise di convocare Ronaldo e di farlo partire titolare anche se era conscio del rischio che nelle (eventuali) sette partite totali potrebbe averlo avuto a mezzo servizio: ce l’avrebbe fatta a reggere un Mondiale, il fenomeno? E poi il giocatore era tornato in Nazionale solo tre mesi prima dell’inizio del Mondiale dopo due anni e mezzo di assenza a causa dei noti infortuni.
Quel Mondiale doveva essere quello di Ronaldo per un insieme di ragioni: doveva essere la sua rivalsa sulla sfortuna, sul destino, sulle lacrime del 12 aprile 2000 e del 5 maggio. E poi i verde-oro avevano una squadra che dire clamorosa era riduttivo visto che "Felipao" Scolari poteva contare, solo come attacco, su Ronaldo, Ronaldinho, Rivaldo oltre ai vari Roberto Carlos, Dunga e Cafù. Ed il titolo prese la strada del Brasile: terza finale consecutiva, quinto titolo.
Scolari credette nel giocatore e Ronaldo trascinò i verde-oro in finale: quattro gol nella fase a gironi, un gol negli ottavi, gol decisivo in semifinale, doppietta in finale e titolo di capocannoniere della manifestazione.
Dopo dieci Mondiali (da Cile ‘62), un brasiliano aveva vinto la classifica marcatori e lo stesso Ronaldo con 12 reti totali era a due reti dal primato di Gerd Muller come top scorer assoluto nella storia del Mondiale. E pensare che c’era gente che diceva che dopo l’infortunio del 12 aprile 2000 Ronaldo non sarebbe più tornato ad essere un giocatore: il fenomeno sconfessò tutti.
Sarà un caso del destino, ma il 30 giugno, giorno della finale mondiale nippo-coreano, è il giorno che chiude il primo semestre dell’anno, è il giro di boa dell’anno: Ronaldo si era "vendicato" con la sfortuna del 5 maggio. Ora per lui iniziava il secondo semestre, la seconda parte dell’anno.
Tornato in Italia dopo il Mondiale, su Ronaldo si versarono litri di inchiostro sul suo futuro: rimarrà all’Inter o andrà via dall’Inter? Tifosi nerazzurri impauriti sulla seconda opzione.
Ma qualcosa si era rotto tra lui e la società. Quella società che il 25 luglio 1997 lo presentò al Mondo intero dopo aver staccato un assegno da 48 miliardi per strapparlo al Barcellona, quella società che lo aveva coccolato e viziato, quella società che, nonostante i due terribili infortuni, lo aveva curato, pagato e aspettato. Quella stessa società che puntava su di lui per vincere quel "benedetto" scudetto che sotto la Madunina nerazzurra mancava dai tempi dell’"Inter dei record" del Trap, ergo dalla stagione 1988/1989. Ronaldo allora aveva 13 anni, abitava in una favela, giocava per strada, sognava di diventare un calciatore professionista e faceva già il fenomeno con la maglia di due squadre: Social Ramos Clube al mattino, São Cristovão al pomeriggio.
Eppure l’Inter confermò Cuper e costruì la squadra intorno a Ronaldo e Christian Vieri, ma Ronaldo era un separato in casa ed infatti il 31 agosto 2002, nell’ultimo giorno di mercato, a mezzora dalla chiusura delle trattative, ci fu il tradimento: Luis Nazario da Lima, per 45 milioni di euro, diventava un giocatore del Real Madrid. L’Inter con quei soldi acquistò Hernan Crespo dalla Lazio.
Ronaldo non avrebbe voluto andare via dall’Inter: come avrebbe potuto farlo dopo tutto quello che Moratti aveva fatto per lui negli ultimi tre anni? Non poteva. Ma Moratti aveva deciso di confermare Cuper e Ronaldo con il tecnico argentino non andava d’accordo, non si erano mai piaciuti, non c’è stato mai stato feeling. Addirittura durante un incontro tra il giocatore e il presidente, Ronaldo, in pratica, disse a Moratti di scegliere tra lui e il tecnico e Moratti scelse il tecnico. Il giocatore chiese la cessione, rimanendovi deluso.
Ronaldo lasciava l’Inter dopo cinque stagioni, 99 partite, 59 gol segnati e la vittoria di una Coppa UEFA da vero protagonista: dopo cinque anni, il "fenomeno" lasciò Milano quasi come un personaggio negativo, un ingrato, un mercenario. I tifosi interisti rimasero stupiti della scelta della società: perché cedere uno come Ronaldo per tenere un perdente "di successo" come Hector Cuper?
Il brasiliano partì alla volta della capitale spagnola dove, agli ordini di del Bosque, divenne un giocatore del Real Madrid. O meglio, divenne un galacticos: in tre stagioni, Florentino Perez, allora presidente del club merengue, aveva avviato una campagna acquisti faraonica portando al "Bernabeu" ogni anno un campionissimo: dopo Luis Figo e Zinedine Zidane, ecco Ronaldo il fenomeno. E questi si univano ad una squadra che contava già sui vari Casillas, Hierro, Guti, McManaman, Roberto Carlos, Makelelé e Morientes.
Ronaldo prese la maglia numero 11 (numero appartenuto in passato ad Amavisca, Martin Vazquez, Manolo Sanchis, Santillana e Gento) e arrivò come una star: debuttò con la nuova squadra alla quarta giornata in casa contro l’Alaves, dove segnò subito una doppietta: nell’Inter la prima rete arrivò alla seconda giornata, la prima doppietta alla quarta.
Tra settembre e dicembre, Ronaldo divenne il perno fondamentale dell’attacco madridista: 5 gol in campionato, 2 gol in Champions e vittoria della Coppa Intercontinentale, a Tokyo, il 3 dicembre, contro l’Olimpia Asuncion con gol iniziale del giocatore di Bento Ribeiro.
Ma il top del fantastico 2002 di Ronaldo fu il 17 dicembre, quando France Football annunciò che l’asso brasiliano aveva vinto la 49° dizione del Pallone d’oro davanti al connazionale (e compagno di squadra) Roberto Carlos e a Oliver Kahn.
Per l’attaccante brasiliano, secondo successo nel prestigioso premio individuale dopo quello del 1997: Ronaldo come Beckenbauer, Keegan, di Stefano e Rummenigge in classifica.
La stagione 2002/2003 di Ronaldo lo vide vincere il suo primo campionato nazionale, anche se la vittoria della Champions League non arrivò in quanto il percorso si interruppe in semifinale contro la Juventus. E proprio la "coppa dalle grandi orecchie" è stato il più grande rimpianto della sua carriera, arrivando al massimo a giocare quella semifinale.
Ronado però a Madrid non fu più…il "fenomeno" di un tempo, ma nelle quattro stagioni e mezzo al "Bernabeu" segnò comunque 104 reti, non era quello di un tempo (quello della stagione 1997/1998, per intenderci), ma era ancora un top player di caratura. Cuper la prima stagione post-Ronaldo, portò l’Inter al secondo posto in campionato e alla semifinale di Champions dove perse contro il Milan. In pratica, Cuper e Ronaldo si erano fermati allo stesso punto dalla manifestazione. L’"hombre vertical" però nell’ottobre 2003 venne esonerato mentre nella sua seconda stagione con la camiseta blanca Ronaldo segnò complessivamente 31 reti.
La storia di Ronaldo poi la sanno tutti: rimase a Madrid fino al gennaio 2007, per sei mesi andò al Milan e poi chiuse la carriera, tra il 2009 ed il 2011, con il Corinthians, in Brasile.
Quando si vede una partita di Ronaldo Nazario da Lima, la domanda di fondo è sempre e solo una: che carriera avrebbe avuto questo giocatore se non si fosse infortunato così gravemente in carriera?
Di lui però rimane l’immagine di un giocatore universale, veloce, tecnico, brasiliano nella testa e nei piedi, funambolico, asso della finta e del lasciare il marcatore sul suo posto mentre lui lo saltava e andava verso il portiere avversario a segnare e a esultare con il suo sorriso e la braccia parallele al campo da gioco.
Il 2002, che vede oggi diventare maggiorenne tutti coloro nati quell’anno, è stato l’anno della rinascita di quello che è considerato come il calciatore più forte di sempre, ma anche il calciatore più sfortunato di tutti: uno che se non si fosse distrutto le ginocchia avrebbe potuto riscrivere le pagine di questo sport.
Ma è stato l’anno della sua rinascita, sia sportiva sia personale, dopo un periodo duro, difficile e nell’anno dei suoi 26 anni, Ronaldo tornò nel firmamento mondiale del calcio. Anzi, parafrasando il film di Kubrick del 1968, il 2002 vide Ronaldo "il fenomeno" volare nello spazio e confermarsi il più grande di tutti. Riuscendoci e lasciandosi alle spalle pianti e delusioni.
Peccato che chi è nato nel 2002 non abbia mai visto giocare dal vivo Ronaldo Nazario da Lima detto "il fenomeno". Peccato, un grosso peccato.
Ma per fortuna c’è internet (anche per vedere "2001: Odissea nello spazio" di Stanley Kubrik).
- Milano, Stadio Giuseppe Meazza, 8 febbraio 1998. Ronaldo in azione durante l'incontro tra Inter e Bologna (0-1) valevole per la 19ª giornata della Serie A 1997-1998. - via Wikipedia
- Milano, Stadio Giuseppe Meazza, 21 ottobre 1998. Ronaldo esulta durante l'incontro tra Inter e Spartak Mosca (2-1) valevole per la 4ª giornata della UEFA Champions League 1998-1999. - via Wikipedia
- Ronaldo mentre segna una rete durante la partita Real Madrid - Betis. - via Wikipedia