Johan Cruijff sempre attuale, sempre “Profeta del gol”

Hendrik Johannes Cruijff

Hendrik Johannes Cruijff

Attaccante, nato ad Amsterdam (Olanda), il 25 aprile 1947

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Il 24 marzo 2016 il mondo del calcio si fermò alla notizia che a Barcellona, all'età di 68 anni, era morto Johan Cruijff. Si spegneva uno dei cinque calciatori più forti della storia del calcio (se non uno dei primi tre, se non il migliore di sempre), il primo capace di vincere tre Palloni d'oro, il leader dell'Ajax del Calcio totale, il numero 14 dell'Olanda-Arancia meccanica del Mondiale del 1974, il primo calciatore ad aver avuto un manager (il suocero Cor Coster), il "padre" del Barcellona "Dream team". In poche parole, il "Profeta del gol" come lo aveva chiamato Sandro Ciotti nel suo documentario del 1976.

Cinque anni fa moriva il "Pelé bianco" di breriana memoria e con lui se ne andava non solo l'iconico calciatore del Calcio totale, ma moriva una grossa parte di chi è cresciuto vedendolo giocare e di chi ha potuto solo vederlo su Youtube o in spezzoni di repertorio.

Di Johan Cruijff si è detto tutto ed il contrario di tutto. Ma nel 2021 ha ancora senso parlare di Johan Cruijff? Assolutamente sì, perché Johan Cruijff è stato il Calcio e sappiamo bene che le leggende non muoiono mai.

Johan Cruijff ha lasciato un'impronta enorme in questo sport ed è uno dei pesi massimi della storia calcistica. Lui, nato in una famiglia non troppo agiata di Betondorp, il quartiere di cemento di Amsterdam, lui che fin da piccolo sognava di giocare nell'Ajax e di diventare l'idolo del "de Meer", lui che l'Ajax lo ha guidato sul tetto d'Europa e del Mondo seguendo i dettami del suo maestro Rinus Michels.

Calcio totale e Johan Cruijff, un binomio inscindibile. Cose che lasciamo sempre a bocca aperta: un qualcosa che allora era impensabile con il portiere che giocava oltre la linea dell'area di rigore, i difensori che attaccavano, attaccanti che difendevano o stavano in mediana. Cose da pazzi ieri, cose da pazzi oggi. Solo che quel modo di giocare spregiudicato ha permesso all'Ajax di vincere, tra il 1965 ed il 1973, il vincibile e alla Nazionale olandese di arrivare ad un soffio dalla vittoria del Mondiale tedesco occidentale del 1974 ma di essere ancora ricordata a quasi cinquant'anni di distanza.

WK74 - Olanda - Svezia

Alla guida di quell'Ajax e di quella Nazionale oranje c'era il figlio di un fruttivendolo e di una donna che, dopo la morte del marito, si "reinventò" donne delle pulizie del "de Meer", lo stadio dell'Ajax per garantire un futuro ai suoi due figli, Hendrik e Johan. E proprio la signora Nel si permise di suggerire il nome suo figlio all'allora allenatore degli ajacidi, l'inglese Vic Buckingham, sostenendo che il suo figliolo aveva sempre il pallone tra i piedi, giocava sempre e dovunque e, secondo lei (magari in maniera forse presuntuosa), aveva del talento. Il resto è diventato storia.

Una storia che è continuata a Barcellona dove, con un'"anonima" maglia numero 9, ha portato il titolo in Catalogna dopo (guarda il caso) quattordici anni di attesa, poi continuata nella milionaria Nasl dove fece vedere sprazzi di grande calcio, mandando al mittente le critiche che lo volevano Oltreoceano solo per guadagnare soldi per sopperire allo scellerato investimento (poi andato a male) di acquistare un allevamento di maiali. Tornò poi nella terra dei polder vestendo ancora la maglia dell'Ajax e poi chiudere la carriera con i rivali del Feyenoord.

Poi arrivò il momento di trasformare in panchina quello che aveva assimilato in campo.

E non poteva non allenare le due squadre cui ha dato tanto in campo: l'Ajax, con cui vinse due coppe nazionali ed una coppa europea (la Coppa delle Coppe nel 1987) a (ancora una volta) 14 anni dall'ultimo successo europeo ajaicide (la Coppa dei Campioni 1973 con Cruijff capitano e con la maglia numero 14 sulla schiena); il Barcellona. E la sua avventura come entrenador dei blaugrana è stata una grande pagina di calcio e di tecnica calcistica con l'apice della fantastica notte di Wembley dove il Barcellona vinse (a fatica) la sua prima Coppa dei Campioni. Fatica o non fatica, la dirigenza blaugrana aveva chiesto a Cruijff quella coppa e lui quella coppa gliel'aveva data. Cruijff aveva le idee chiare: se aveva rivoluzionato il calcio in campo, voleva rivoluzionarlo anche dalla panchina. E ci riuscì in pieno (anche se molti non gli perdoneranno mai la spavalderia dimostrata prima della finale di Atene contro il Milan di Capello, il 18 maggio 1994, dove i rossoneri spadroneggiarono per 4-0). Lui che volle che tutte le squadre giovanili del Barça, dalla "Primavera" ai "pulcini", dovevano giocare con lo schema della prima squadra, puntando tutto sul giocare bene a scapito (magari) dei risultati, purché risaltassero possesso palla, movimento e velocità e che tutto fosse semplice e veloce. E se il Barcellona tra il 2003 ed il 2011 ha incantato il Mondo con il suo gioco spumeggiante lo devo proprio ai dettami passati di Cruijff.

Cruijff allenatore dell'Ajax

Johan Cruijff non è stato solo Cruijff draai (la giravolta fatta con la maglia dell'Olanda al Mondiale '74 per smarcarsi dallo svedese Jan Olsson), il gol al volo di tacco destro in avvitamento all'Atletico Madrid il 22 dicembre 1973, l'azione che ha portato l'Olanda a guadagnarsi il primo rigore della storia di una finale mondiale non facendo toccare palla per un minuto (il primo minuto della partita) alla Germania Ovest; il "rigore di seconda" contro l'Helmond del 5 dicembre 1982. E non è neanche il padre del "Dream team" blaugrana o il padre spirituale del tiki taka di Josep Guardiola.

Cruijff è stato l'apoteosi del calcio. Del genio e della scaltrezza sul rettangolo verde. Della disciplina, del rispetto del regole e del voler essere il numero uno, in campo come in panchina. E' quello che ha cambiato il calcio, è quello che ha portato la piccola Olanda a diventare l'ombelico del mondo calcistico tra il 1969 ed il 1973 e lui a diventare un esempio, una leggenda. Un qualcosa da cui attingere e copiare.

Una vera postar del calcio che ci ha messo sempre la faccia, che non si è mai tirato indietro, uno che ha litigato con molti ma che si è fatto amare da tanti.

Johan Cruijff è stato il padre nobile del calcio. Quel calcio che ogni anno, il 24 marzo, si ferma e ripensa a cosa è stato quel ragazzo con in capelli lunghi, gli occhi verdi, il naso pronunciato e quei piedi che hanno incantato le platee olandesi, europee e mondiali.

Del resto lo ha detto anche lo stesso Guardiola in merito alla sua esperienza in campo con l'ex "Profeta del gol" in panchina: "Johan Cruijff ha dipinto la cappella Sistina, io e tutti gli altri allenatori abbiamo solo aggiunto qualche pennellata".

Dal 24 marzo 2016 chi ama il calcio è un po' più solo, ma ringrazia mister Buckingham per aver esaudito il desiderio della signora Nel di far giocare a calcio seriamente il figlio Johan che divenne poi "il profeta del gol".

Attuale oggi, ieri e domani. Sempre.

Fotografie e video
  1. WK 74, Nederland tegen DDR 2-0, nr. 3a Cruijff in actie, nr. 6a Cruijff in actie - CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication - via Wikipedia
  2. Oefeninterland Nederland tegen Argentinie 4-1; nr. 6, 7 Cruyff, kop - Bert Verhoeff, Anefo, Nationaal Archief - CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication - via Wikipedia
  3. WK 74, Nederland tegen Zweden 0-0, Johan Cruijff passeert Persson - Rob Mieremet / Anefo - CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication - via Wikipedia
  4. Trainingskamp Ajax; Johan Cruijff met Marco van Basten - Croes, Rob C. / Anefo - CC0 1.0 Universal Public Domain Dedication - via Wikipedia

Simone Balocco

Novarese del 1981, scrive da anni di calcio e storia, le sue due grandi passioni. Per intenderci: la sua tesi di laurea verteva sullo sport nella sua città e la materia era storica. I suoi idoli giornalistici sono Gianni Brera e Indro Montanelli e segue il calcio da quando ha visto per la prima volta una puntata di "Holly e Benji". Tra le sue collaborazioni, spiccano il blog Cittadinovara.com ed il sito derbyderbyderby.it.
Lo trovi su Twitter come @SimoneBalocco