Il futbolismo di Diego Armando Maradona

Diego Armando Maradona

Diego Armando Maradona

Attaccante, Lanús, 30 ottobre 1960 – Tigre, 25 novembre 2020

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Lo hanno chiamato “pelusa” per via della sua folta capigliatura che aveva sin da quando era bambino. Lo hanno chiamato “pibe de oro” perché è stato un ragazzo (calcisticamente) d’oro. Lo hanno chiamato “aquilone cosmico” perché in campo era leggero come l’aria. Lo hanno chiamato “D10S” perché per tanti è stato il dio del calcio e la sublimazione del numero 10. Gli hanno dedicato due stadi. Gli hanno dedicato due cori dove in uno faceva battere “il corazon” ai suoi tifosi ed in un altro si diceva fosse “megl’è Pelè”. Gli hanno dedicato due canzoni dove, in una, il cantante gli chiedeva potesse pregare per lui e nell’altra lo stesso cantante sperava di essere come lui. Gli hanno dedicato un film-documentario e diversi libri. Lo hanno chiamato “el mas grande de todos” perché è stato davvero il più grande calciatore di tutti.

La persona in questione è Diego Armando Maradona che domani avrebbe compiuto 61 anni: era nato alle ore 7:05 di domenica 30 ottobre 1960, quinto genito di Diego detto Chitorro e Dalma detta Donna Tota.

Ma Maradona questo suo genetliaco non lo potrà festeggiare perché è morto a Tigre il 25 novembre 2020. 25 novembre, come il giorno in cui morirono altre due figure iconiche come lui: George Best e Fidel Castro, due con cui ha condiviso vizi (il quinto Beatle) e fede politica (il lider maximo).

La notizia della morte di Diego Armando Maradona, nel tardo pomeriggio italiano di mercoledì 25 novembre 2020, è piombata come un fulmine a ciel sereno. Aveva compiuto 60 anni da ventisei giorni ed un arresto cardiocircolatorio lo aveva tolto al mondo terreno. Era malato da tempo, tante volte sembrava morto e tante volte era “risorto” più forte che mai. Un vero leone, come quando giocava: un’iradiddio.

Da quel giorno ha lasciato “orfani” miliardi di amanti del calcio. Miliardi di persone che sono cresciute con il suo mito e con la voglia di diventare i numeri uno pur partendo dal punto più basso del punto più basso. Miliardi di persone che hanno visto in lui il riscatto, la voglia di rivincita ma anche il calciatore più forte della storia del calcio.

Maradona idolo delle folle, degli ultimi, di quelli che lottano, di quelli che si ribellano e che cercano di combattere le angherie del Mondo: i politici ci provano con (tante) parole e (pochi) fatti, Diego Armando Maradona c’è riuscito con una palla tra i piedi e con quel piede sinistro che si vedeva già da bambino che era un qualcosa che altri non avevano.

Mercoledì 25 novembre, giorno di Santa Caterina d’Alessandria, è morto il più forte calciatore di tutti i tempi. Amato e detestato, venerato e criticato: Maradona non è mai stato un personaggio banale. Come non banale è stata la sua vita: una montagna russa partita da Villa Fiorito, periferia povera di Buenos Aires, dal campetto di Devoto, è arrivata alla cima del Mondo con la vittoria del campionato mondiale vinto (praticamente da solo) nel 1986 in Messico, i trionfi con il Napoli e poi la caduta tra brutte storie legate al consumo di droga, amicizie poco raccomandabili, doping, problemi di salute. Se il Maradona-uomo è stato (magari) deprecabile, il Maradona-calciatore è stato un qualcosa di fantastico, il Calcio con la C maiuscola.

E quindi possiamo chiederci: cos’è stato il futbolismo di Maradona? La sua arte messa su un rettangolo verde. Un rettangolo verde che ha permesso al ragazzo del barrio povero di Buenos Aires di far impazzire le persone già a dieci anni quando alla guida della squadra giovanile dell’Argentinos Juniors vinsero 136 partite consecutive o quando lui si metteva a palleggiare in maniera spettacolare, da raccattapalle, nell’intervallo delle partite allo stadio La Paternal: trovate qualcuno che nell’intervallo di una partita prende un pallone, inizia a palleggiare senza sosta con lo stadio che lo incita a non smettere. Già allora faceva futbolismo.

Debutto di Maradona in Argentinos Juniors - Talleres de Córdoba.

Diego Armando Maradona debuttò nel campionato argentino il 20 ottobre 1976 nel match tra l’Argentinos Juniors ed il Talleres: fino al 7 luglio 2003 detenne il record di debuttante più giovane in Primera division quando lo superò il futuro genero Sergio Aguero con la maglia dell’Independiente di Avellaneda. Il 27 febbraio 1977, a sedici anni e 120 giorni, il Pibe de oro debuttò in Nazionale niente meno che alla Bombonera contro l’Ungheria in amichevole in vista del Mondiale casalingo dell’anno dopo. Già allora Maradona aveva accumulato così tanti soldi da permettere ai suoi genitori, che si erano fatti in quattro per dare un futuro sereno e migliore a lui e ai suoi fratelli, di comprarsi una casa più bella di quella di Villa Fiorito.

Maradona sperava nella convocazione del Commissario tecnico Cesar Luis Menotti, che lo chiamò sempre ma non per la kermesse mondiale quasi per salvaguardarlo (preferendogli el loco René Houseman). Non bastarono a Maradona i 22 gol segnati con l’Argentinos Juniors nel campionato metropolitano. Ci rimase molto male e lui cosa fece per convincere Menotti da quel momento in poi? Tra il 1978 ed il 1980, Maradona vinse tre classifiche marcatori consecutive nel “metropolitano”, due classifiche marcatori nel campionato nazionale, due volte vinse il titolo di miglior giocatore sudamericano (1979-1980) e trascinò la Argentina a vincere il Mondiale Under 20 in Giappone (ed ispirare Yōichi Takahashi nella creazione del manga Captain Tsubasa).

Argentina - URSS - Mondiale Under-20 nel 1979

Il resto è storia, storia del calcio, storia di un futbolismo che ha visto Diego Armando diventare l’idolo di tutti gli stadi in cui ha giocato, ma lo stadio per antonomasia dove Maradona è stato…Maradona è stato quello di Napoli nel quartiere Fuorigrotta. Uno stadio enorme dedicato ad un santo (San Paolo) di una città molto complicata e difficile. Una città che giovedì 5 luglio 1984 si era fermata perché l’allora 23enne Diego Armando Maradona veniva presentato in pompa magna proprio in quello stadio. Era stato strappato per 13 miliardi dal Barcellona, un prezzo folle per il tempo e per le casse della squadra allora presieduta dal presidente Ferlaino e dal direttore sportivo “Totonno” Juliano. Erano lì in 70.000 solo per vederlo calciare un pallone con indosso una t-shirt ed i pantaloni grigi della tuta.

Maradona fa il suo ingresso in un San Paolo

Quella presentazione è stata un momento iconico di tutti gli anni ’80 calcistici, un momento da tramandare ai posteri: Diego Armando Maradona, il giocatore più forte del Mondo, aveva firmato con il Napoli e si apprestava ad arricchire il nostro calcio e a rendere Napoli ed il Napoli l’ombelico calcistico del Mondo. Il Napoli diventava così una squadra alla pari delle grandi del Nord ed in sette anni vinse due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana ed una Coppa Uefa: aveva vinto più allora che tra il 1926 (anno della sua fondazione) ed il 1984, quando aveva in bacheca solo due Coppe Italia e come miglior posizione aveva ottenuto due secondi posti, cinque terzi posti e l’anno prima dell’arrivo di Maradona si era salvato per un solo punto. Poteva scegliere una qualunque big europea o una munifica squadra del Nord: scelse il Napoli.

Napoli, una città che lo ha reso Dio, una città che ha creduto in lui e che lo ha amato ed usato. Perché i sette anni del Pibe de oro nella città di San Gennaro sono stati tutto ed il contrario di tutto: amore e passione, ma anche brutti giri, persone ambigue, falsi amici ed opportunisti. E droga, tanta droga. Quella droga che lo castigò durante un controllo antidoping a sorpresa dopo un Bari-Napoli del 17 marzo 1991: cocaina, la fuga da Posillipo il 1° aprile come un appestato, il ritorno in Argentina, la squalifica di un anno. La fine (probabile) della sua carriera.

Eppure tra Napoli e Maradona c’è stato sempre un legame inscindibile: basti pensare che in piazza Nilo è presente ancora oggi un’edicola votiva con una sua immagine con indosso la maglia del Napoli oppure il murales dei Quartieri spagnoli dove migliaia di napoletani si sono trovati la sera del 25 novembre 2020 per omaggiare il loro re calcistico.

Napoli, Quartieri spagnoli

Maradona ed il suo futbolismo svegliarono Napoli dal terremoto, della criminalità, dalla povertà e dalle sue tante difficoltà. La notte del 25 novembre si è poi deciso di illuminare il San Paolo fino a notte fonda. Stadio che dal 4 dicembre 2020 è intitolato alla sua memoria, a ricordo imperituro di lui.

Cosa è stato il futbolismo di e per Maradona? Sono tante le istantanee per descriverlo: l’intervista premonitrice rilasciata nel 1972, a dodici anni, dopo una partita giocata nel fango, quando, già noto a tutti gli argentini, gli venne chiesto quali erano i suoi sogni e lui disse che il primo era di giocare un Mondiale e il secondo di vincerlo; l’amichevole giocata (contro il volere della società) ad Acerra nel 1985 nel fango per raccogliere fondi per il figlio di un tifoso del Napoli gravemente malato; il gol da centrocampo contro il Verona il 20 ottobre 1985; la punizione contro la Juventus il 3 novembre 1985; il riscaldamento ed i palleggi con le scarpe slacciate nel pre-gara della semifinale di Coppa Uefa contro il Bayern Monaco sulle note di “Live is life” degli Opus; i palleggi con la spalla sinistra prima del calcio d’inizio di Argentina-Camerun dell’8 giugno 1990; i palleggi con la pallina da ping pong; quando prese a calci un mappamondo gigante; le parole di stima, affetto e rispetto rivolte a Ciro Ferrara dopo la vittoria della Coppa Uefa. Per non parlare dei suoi tanti gol, le serpentine, le botte prese, la gioia di aver portato il Napoli a lottare per vincere lo scudetto.

Ma sono i stati i Mondiali il luogo dove Maradona ha dato il meglio di sé. Ogni Mondiale, una storia: la mancata convocazione nel 1978; la marcatura a francobollo di Gentile il 29 giugno 1982 allo stadio Sarrià; la “mano de dios” ed il “gol del secolo” del 22 giugno 1986 contro l’Inghilterra allo stadio Azteca; il Mondiale italiano del 1990 con i fischi rivolti l’8 luglio all’inno argentino da tutto lo stadio con Maradona capitano che insultò tutti in mondovisione; l’urlo dopo il gol contro la Grecia il 21 giugno 1994. Un urlo carico di tanti sentimenti che fu strozzato pochi giorni dopo quando il Pibe fu trovato positivo all’efedrina, squalificato e rimandato ancora in un angolo come tre anni prima. E pensare che per quel Mondiale, Maradona era in una forma fisica ancora migliore rispetti ai due giocati precedentemente.

L’ultima volta che Diego Armando Maradona giocò una partita fu il 25 ottobre 1997, dopo aver giocato il Superclasico contro il River Plate: il commiato.

Da allora è partita la sfilza degli eredi (veri o presunti) di Diego Armando Maradona: Ariel Ortega, Andres d’Alessandro, Pablo Aimar, Javier Saviola e Juan Roman Riquelme. Fino all’ultimo, forse quello che più di tutti si avvicina al suo mito: Lionel Messi da Rosario. Rosario, la città che più di tutte nel Mondo incarna il vero futbolismo argentino (e che aveva dato i natali a due idoli e a due suoi ispiratori del Pibe de oro, ovvero Tomás Felipe “el trinche” Carlovich e Ricardo Bochini).

Con l’addio al calcio quel 25 ottobre 1997, si chiuse una grande pagina di futbolismo mondiale. Una grande storia di passione, amore, riscatto e pazzia partita dai campetti fangosi di Villa Fiorito e arrivata sul tetto del Mondo.

Il futbolismo di Maradona si può racchiudere anche con la telecronaca di Victor Hugo Morales il 22 giugno 1986 che raccontò il cosiddetto “gol del secolo” in quei 14 secondi, al 55’, quando il numero 10 dell’Argentina prese palla da Héctor Enrique a centrocampo ed iniziò lo show:

“…la tocca per Diego, ecco, ce l’ha Maradona. Lo marcano in due, tocca la palla Maradona, avanza sulla destra il genio del calcio mondiale. Può toccarla per Burruchaga…sempre Maradona….genio, genio, genio…c’è c’è c’è…goooool…voglio piangere…Dio santo, viva il calcio…golaaaaazooo…Diegooooool…Maradona…c’è da piangere, scusatemi…Maradona in una corsa memorabile, la giocata migliore di tutti i tempi…aquilone cosmico…da che pianeta sei venuto per lasciare lungo la strada così tanti inglesi? Perché il Paese sia un pugno chiuso che esulta per l’Argentina…Argentina 2 Inghilterra 0…Diegol, Diegol, Diego Armando Maradona….Grazie Dio per il calcio, per Maradona, per queste lacrime, per questo Argentina 2 Inghilterra 0…”.

Immaginiamola in spagnolo, in diretta, con il ritmo dei telecronisti sudamericani ed ecco la magia.

Il gol del secolo

Maradona nella sua carriera si è messo in gioco giocando in Europa facendo piangere il suo popolo che non voleva che se ne andasse. Aveva fatto ciò che non aveva fatto Pelé: lasciare la propria patria. Pelé e Maradona, due facce della stessa medaglia. ‘O Rey ed il Pibe de Oro: tanto diversi tanto uguali, diversi caratterialmente, ma geniali, spettacolari e vincenti. Soprattutto Pelé che in Nazionale ha giocato con compagni fenomenali in quattro Mondiali (Bellini-Didì-Vavà-Garrincha-Rivelino-Tostao) contro Maradona che nel 1986 e nel 1990 era a capo di un’Argentina senza grandi firme ma con tanto operaismo nel cuore e nei piedi.

Maradona è stato un calciatore selvatico, istintivo, coraggioso, contro la normalità, un sinistro da studiare a scuola, amato dagli avversari e simile a noi comuni mortali. Ha giocato senza paura, con sfrontatezza e rapidità, intuizione, capacità di elevare il livello tecnico di compagni di squadra spesso non alla sua altezza tecnica. Aveva voglia di vincere e, salvo la bagarre nel ritorno di Copa del Rey del maggio 1984 contro l’Athletic Club Bilbao dove si vendicò del fallaccio subito da Andoni Goikoetxea che l’anno prima gli ruppe la caviglia, è sempre stato un giocatore corretto. Quello che per lui era ordinario, per altri calciatori e per gli appassionati è straordinario e viceversa. Ma lui voleva essere umano e non solo “el mas grande de todos”.

E’ stato usato e si è fatto usare. Si è fatto in quattro per gli altri e gli altri lo hanno diviso in migliaia di parti per trarne benefici. Un povero diventato grande e idolo dei poveri. Non sarà stato un esempio, ma ciò che lui ha dato al calcio rimarrà sempre impresso nella testa, nella mente e nei cuori di tutti gli appassionati di calcio. E non solo. Parliamo di uno che è stato definito “il più umano degli dei”, “un Dio sporco” per dirla con Eduardo Galeano o “il divino scorfano” per dirla con Gianni Brera.

In Argentina il calcio è una religione: c’è passione, devozione ed amore verso quella palla che rotola sul rettangolo verde. Un Paese che ha visto nascere a Rosario (ma guarda un po’?!?) addirittura la “Chiesa di Maradona” (la Iglesia Maradoniana) con quasi un milione di adepti nel Mondo tra cui molti calciatori ed ex calciatori (non solo argentini), caratterizzata da culti vicini ad una religione tanto da avere preghiere ed i suoi “dieci comandamenti” per rispettare il Pibe. Solo in Argentina poteva esserci un culto religioso devoto a Diego Armando Maradona: del resto, si dice che gli inglesi abbiano inventato il calcio e che gli argentini hanno fatto vedere al Mondo come lo si ama.

A noi piace ricordare Diego Armando Maradona maestro di futbolismo e di chi ama il calcio e dei gol che nessuno si sognerebbe mai di segnare. Noi tutti vorremmo vederlo scendere in campo domenica prossima in una qualsiasi squadra o in un qualsiasi campo del Mondo. Lo guarderemo ancora a bocca aperta, ci inginocchieremo al suo cospetto e ringrazieremo chi ci ha permesso di vivere nell’epoca del “el mas grande de todos”.

Fotografie e video
  1. Debutto di Maradona in Argentinos Juniors - Talleres de Córdoba. - via Wikipedia
  2. Maradona con la maglia dell'Under-20 nel 1979, contro l'Unione Sovietica, nella vittoriosa finale del mondiale di categoria - via Wikipedia
  3. Napoli, stadio San Paolo, 5 luglio 1984. Il calciatore argentino Diego Armando Maradona si appresta a fare il suo ingresso in uno stadio gremito, sotto lo sguardo dei fotografi, per la presentazione come nuovo acquisto del Napoli. - via Wikipedia
  4. Napoli, Quartieri spagnoli - "Streets of Naples" di Orlando Imperatore - CC BY-NC-SA 2.0 - via Flickr
  5. Maradona - Live is life - via YouTube
  6. Maradona segna il "Gol del secolo" contro l'Inghilterra a Messico 1986 - via Wikipedia
  7. RODRIGO - LA MANO DE DIOS (VIDEO OFICIAL) - via YouTube

Simone Balocco

Novarese del 1981, scrive da anni di calcio e storia, le sue due grandi passioni. Per intenderci: la sua tesi di laurea verteva sullo sport nella sua città e la materia era storica. I suoi idoli giornalistici sono Gianni Brera e Indro Montanelli e segue il calcio da quando ha visto per la prima volta una puntata di "Holly e Benji". Tra le sue collaborazioni, spiccano il blog Cittadinovara.com ed il sito derbyderbyderby.it.
Lo trovi su Twitter come @SimoneBalocco