Quando l’Ungherese naturalizzato Austriaco di origine Ebraica Bela Guttmann abbandonò la panchina del Benfica nel millenovecentosessantadue dopo aver vinto due Coppe dei Campioni consecutive, quella del Sessantuno contro il Barcellona e quella del Sessantadue contro il Real Madrid, lo fece lanciando un anatema sul club: “Da qui a cento anni” disse, “nessuna squadra Portoghese sarà due volte Campione d’Europa, ed il Benfica senza di me non vincerà mai una Coppa dei Campioni”. Gutmann che aveva vissuto, da giocatore nell’American Soccer League, il crollo di Wall Street del Ventinove, anticamera alla Grande Depressione, che era scampato all’eccidio Ebraico per puro miracolo riparando in Svizzera, che era stato raggiunto in Sudamerica dalla notizia che i carri armati sovietici avevano invaso il suo paese reprimendo nel sangue l’instaurazione di un governo progressista, Guttmann giramondo prima della globalizzazione del calcio, che lo ha portato in Austria, Italia, Argentina, Cipro, Brasile, Portogallo, Uruguay, Svizzera, Grecia, Guttmann che ha insegnato ai Brasiliani il loro modo di giocare, quel quattro-due-quattro tutto attacco e fantasia con cui poi la Selecão avrebbe vinto la Coppa Rimet in Svezia nel Cinquantotto, proprio lui, andò via dal Benfica sbattendo la porta per una questione di denaro. In realtà molti dirigenti di allora, fra i quali quelli del Benfica, consideravano più importante la vittoria del campionato, per il quale era previsto da contratto un premio in denaro, che quella in una competizione Europea. Proprio per questa ragione né vollero premiare l’impresa del tecnico né concedergli un aumento di stipendio per la doppia vittoria della Coppa dei Campioni. Guttmann, che era piuttosto attaccato al denaro, non tollerò quello che per lui era un vero e proprio affronto personale, e così decise di andarsene lasciando dietro di sé una maledizione che sopravvive ancora sino ai giorni nostri: nessuna squadra Portoghese è più riuscita a vincere due Coppe dei Campioni consecutive e soprattutto il Benfica ha raccolto solo sconfitte nelle finali che ha raggiunto in campo internazionale.
L’ennesima beffa è arrivata questa sera contro il Chelsea nella finale di Europa League, ma in passato le Aquile hanno perso ben 5 finale di Coppa dei Campioni (1962-63, 1964-65, 1967-68, 1987-88, 1989-90) ed una di Coppa Uefa (1982-83). Una maledizione che a Lisbona prendono molto sul serio, al punto che la leggenda vuole che Eusebio andò a pregare sulla tomba del suo ex allenatore prima della finale di Coppa dei Campioni del 1990 contro il Milan per chiedere, senza successo, un po’ di clemenza.