Sono nato in Germania Est. A dividermi dalla libertà c’è un lungo muro di cemento armato. E vi dirò amici cari non è tanto il muro, quanto i cecchini sulle torrette a scoraggiare i più dall’attraversarlo per raggiungere il miraggio della libertà.
Gioco a calcio nella Berliner Fußballclub Dynamo, meglio conosciuta come Dynamo Berlino. Il “Beckenbauer dell’Est”. Così mi chiamano. Ora dovete sapere che la Dynamo Berlino non è una squadra qualunque. Venne fondata nel 1953, poi nel 1966 venne rifondata, semplicemente perché diventasse proprietà della Polizia segreta. La Stasi. La Dynamo Berlino quindi deve vincere. Sempre e comunque. Perché la Dynamo Berlino è il potere e il potere non può perdere. Infatti dal 1979 al 1988, vince il campionato della Germania Est. Dieci anni di fila!
A capo della polizia segreta c’è il compagno Erich Mielke. Ora forse a voi, miei cari, questo nome non dirà nulla, o magari l’avrete sentito di sfuggita ma non vi è rimasto nella testa. Ma, quando gli ex sudditi della DDR lo sentono nominare ancora oggi sentono il sangue gelarsi nelle vene. Mielke non era solo il massimo dirigente della Stasi. Mielke non era solo la Dynamo. Mielke aveva in pugno le vite di ogni compagno dell’Est. Un suo solo cenno per essere distrutti. Scomparire nel nulla. Puff!
È il 20 Marzo del 1979. La Dynamo gioca un’amichevole a Gießen con il Kaiserslautern. Sono sul pullman che mi riporterà ad Oriente con i miei compagni e ci fermiamo ad un autogrill. Alla fuga ci pensavo da sempre. Come tutti i compagni della DDR comunque. Era un’occasione unica. Scendiamo tutti. Dobbiamo spendere gli ultimi Marchi dell’Ovest. Non possiamo portarli con noi. C’è tanta confusione, ed io approfitto di tutto quel casino per buttarmi sull’unico taxi: “Amico, pedale a tavoletta! Direzione Ovest.” Che culo ho avuto. È così che ho fatto. È così che ci sono riuscito. Senza farmi sparare da quei cazzo di cecchini. Sono libero e per di più i diavoli rossi del Kaiserslautern mi metteranno sotto contratto subito, anche se dovrò scontare la squalifica di un’anno che mi darà l’UEFA. Ma d’altronde io sono il “Beckenbauer dell’Est”! Possono aspettarmi. Non era comunque la prima volta che uno sportivo della DDR fuggiva a occidente della cortina di ferro. Il problema nel mio caso è che io gioco per la Dynamo. Il problema è che io sono proprietà di Erich Mielke! Un altro problema è la mia famiglia. Sono sposato e sono padre! In tutto questo casino mia moglie Gabrielle e mia figlia Sandy sono rimaste in Germania Orientale, sotto stretta osservazione da parte della Stasi. Hanno sguinzagliato attorno a Gabrielle una decina di agenti “Romeo”. Lo so, voi ridete, ma a quel punto non avevo speranze di riaverle con me. Questi agenti sono specializzati nel corteggiare, nel far innamorare e poi capitolare le donne per piegarle ai sacri voleri della DDR. Ed ovviamente quegli stronzi sono riusciti a farle il lavaggio del cervello e alla fine l’hanno convinta a divorziare e a sposare un “Romeo”, caso mai mi fossi rifatto vivo.
Così mi sono rifatto una vita anch’io. Ho trovato un nuovo amore, mi pagano bene, ma soprattutto, sono libero. Però mi manca la continuità nel giocare. Il mio allenatore spesso mi relega in panchina e così nel 1982 mi dicono: “Caro il nostro ‘Beckenbauer dell’Est’ da domani vai a giocare con l’Eintracht Braunschweig!”. Ma anche lì non è che le cose vadano meglio: nelle prime ventitré settimane della stagione 1982/83 una serie di infortuni mi impedisce di esprimere al massimo il mio talento. Vedo il campo solo otto volte!
E arriviamo, amici cari, al 21 Febbraio 1983. Quando cioè ho firmato inconsapevolmente la mia condanna a morte. La ARD mi chiede un’intervista davanti al muro di Berlino e, davanti a quella barriera in cemento, critico apertamente il sistema della DDR, non solo, mi metto ad esaltare le attrattive della Bundesliga cosicché i compagni calciatori dall’altra parte del muro possano fare quello che ho fatto io.
Ora già la mia fuga non era andata giù a Mielke, poi dargli dello stronzo in tivù deve averlo fatto uscire fuori di testa!
Non lo sapevo, forse mi sentivo troppo sicuro all’Ovest, ma, avevo firmato la mia condanna a morte. Il 5 Marzo dopo una partita persa, e che comunque io avevo passato in panca, vado a farmi un paio di birre, tanto per rilassarmi. Nel locale vengo avvicinato da due ammiratori. Tante belle parole, tanti complimenti. “Devi guadagnare benone” dice uno. “Guarda un po’ lì” fa l’altro indicando la mia auto. “È la tua” continua “vero?” “Effettivamente si” dico, “dai venite che ve la faccio provare.” La mia bella Alfa Romeo GTV nera. Entriamo in auto e a quel punto mi bloccano e uno dei due mi inietta una strano miscuglio. Tutto si appanna, diventa sfuocato. Sento le loro voci come provenire dal fondo di una caverna. Intanto tutto il mondo intorno a me gira. Vorticoso. Mi costringono con le Luger in pugno a bere, e ancora a bere e poi ancora a bere. Poi mi obbligano a guidare altrimenti, dicono, non esiteranno a fare fuoco. Non ho scelta. Se non altro se decido di guidare ho una possibilità, anche se mi trovo sulla pericolosa strada Braunschweig-Querum, dopo aver bevuto e dopo che mi hanno iniettato chissà cosa. Ho sopravvalutato le mie capacità, ma soprattutto ho sottovalutato la Stasi. È questo è stato un errore mortale. Dopo pochi chilometri vado a schiantarmi contro un albero in una curva. E sì. Viene disposta l’autopsia che rivela una percentuale importante di alcool nel sangue, e la Procura della Repubblica archivia il caso: morte per guida in stato di ubriachezza.
Io non sono più su questa terra, però, anni dopo a seguito della riunificazione Tedesca e alla conseguente pubblicazione di molti documenti segreti appartenuti alla Stasi è venuta fuori la verità: c’era un piano machiavellico per uccidermi. D’altronde in DDR la pratica di simulare un incidente è già stata usata altre volte: far passare un omicidio premeditato come un semplice incidente è praticamente impossibile da smascherare. Quindi miei cari sono stato ucciso non solo per il mio tradimento ma soprattutto per aver pisciato fuori dal vaso. Il caro, vendicativo compagno Mielke non aveva proprio potuto perdonare lo sputtanamento pubblico.
- Lutz Eigendorf con la maglia della Dinamo Berlino durante BFC Dynamo - Vorwärts Stralsund, terminata 2-0 - Bundesarchiv, Bild 183-P00521-0033 / Lehmann, Thomas / CC-BY-SA 3.0 via Wikipedia
- Mannschaftsfoto BFC Dynamo Berlin - 17 Agosto 1978 - Bundesarchiv, Bild 183-T0817-0032 / Mittelstädt, Rainer / CC-BY-SA 3.0 via Wikipedia