Galeotta fu quella lettera

Rachid Mekhloufi

Rachid Mekhloufi

Centrocampista, nato a Sétif (Algeria), 12 agosto 1936

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Sono il migliore. Sono un idolo paragonabile a un attore del cinema. Sono il Cary Grant di questo fottuto Paese. Mezzala di immenso talento, con la maglia dei Verts del Saint Étienne ho già vinto uno scudetto segnando caterve di goal. Sono già titolare della Nazionale Francese, la stella più attesa al Mondiale.

Ma io quella competizione non voglio giocarla con la Francia.
Io la Coppa del Mondo voglio vincerla per il mio Paese.

Vero, l’ho scritto nel mio diario. È tutto vero.

Rachid Mekhloufi

Per raccontare la mia storia devo però fare un grande salto indietro. Devo tornare all’otto Maggio millenovecentoquarantacinque. No no. Non è la mia data di nascita, no, è il giorno in cui finisce la Seconda Guerra Mondiale, la Germania ha firmato la resa e tutti hanno tirato un sospiro di sollievo. C’è aria di festa, la guerra è finita e c’è voglia di essere felici, di festeggiare, c’è voglia di esorcizzare tutto quell’orrore. Anche a Sétif. Ah, scusate, Sétif si trova nel Nord Est dell’Algeria, e l’Algeria, per dirla tutta, non era ancora l’Algeria. Abbiamo “ospitato” i Francesi dal milleottocentotrenta, e quelli per noi erano gli anni della decolonizzazione, pian piano ci avrebbero lasciato il nostro Paese, dopo averci insegnato le regole della democrazia, e saremmo tornati ad essere artefici del nostro destino. Ma i Francesi continuavano a restarci con un piede e mezzo abbondante in Algeria, altroché. Così quella innocua e spontanea manifestazione di gioia per la fine della guerra sfociò in un manifestazione per la libertà del Paese. Da che mondo è mondo la risposta delle forze dell’ordine a queste manifestazioni è sempre molto dura, e, la gendarmerie e i pied-noir, non hanno fatto eccezioni. E anche i risultati sono sempre gli stessi, feriti e morti. In quel caso poi i Francesi ci andarono giù davvero duro. Quasi una settimana di bombardamenti unite ad una ferocia e a una spietatezza mai visti. Una carneficina. E meno male che la guerra era appena finita! Questi galantuomini di Francesi si distinsero nel massacro di uomini e donne, vecchi e bambini. Non è che noi fossimo degli stinchi di santo, ma donne e bambini è davvero una vigliaccata. Fra quei bambini ci sono pure io, ho nemmeno nove anni, e i miei occhi hanno già visto tutto l’orrore possibile. Però nonostante tutto gioco al calcio, ovunque, con gli amici, nelle strade polverose, nei cortili devastati dalla guerra, rincorrere la palla di stracci mi fa sentire libero. Segnare un goal mi fa sognare e mi porta lontano: sono l’attaccante della Nazionale Algerina e la mia rete ci porta alla vittoria contro i Francesi.

Che meravigliosa dolce rivincita!

Con questi sogni sono cresciuto e questi stessi sogni mi hanno fatto diventare una grandissima promessa del calcio Algerino, e in Francia quei volponi dall’occhio fino se ne sono accorti subito. A diciotto anni, è il millenovecentocinquantacinque, arriva il Saint Étienne, grande squadra il Saint Étienne e mi porta a giocare nel campionato Francese. Ho un contratto. Vengo pagato per fare la cosa che mi piace di più, e non soffrirò né la fame né la sete. Vivrò come un uomo dovrebbe vivere. Dignitosamente. In men che non si dica grazie al mio talento e alla mia classe sono diventato uno dei migliori attaccanti del campionato francese.

Già nel millenovecentocinquantasette la mia squadra vince il campionato e questo anche grazie a me, scusate, ma senza falsa modestia ero il miglior giocatore della squadra campione. Ma questo lo avete già letto nel mio diario. Ero così forte che anche la Nazionale Francese mi aveva fatto disputare delle partite e addirittura con la maglia dei Bleu avrei dovuto disputare la Coppa del Mondo in Svezia, quella del millenovecentocinquantootto. Io, un Algerino, che difende la maglia della Nazionale Francese, che suda e segna per gli oppressori del mio Paese. Che stronzata! Certo avrei fatto coppia con Just Fontaine e Raymond Kopa, avrei affrontato il grande Brasile, ma sapete cosa vi dico, io ho sempre sognato di farglielo un goal a quelle facce di merda di Francesi, io volevo farli piangere, mica renderli felici! E quella Nazionale, con me e gli altri Algerini in campo, partiva con i favori del pronostico a quel campionato del mondo!

Nazionale algerina 1974

Devo essere onesto, mi sarebbe proprio piaciuto giocare quel Mundial, ma nulla era paragonabile alla libertà del mio paese! È questo me lo ha fatto capire una lettera, una semplice lettera. Della mia infanzia, del massacro di Sétif, della paura e delle privazioni avevo rimosso tutto. Poi ho ricevuto quella lettera. Arrivava dal carcere di Parigi ed era firmata Ahmed Ben Bella. Algerino come me, pure lui aveva giocato al calcio, nel Olympique de Marseille, poi però ha preso una decisione drastica: disertare dall’esercito Francese per combattere per il suo di Paese. Ha fondato il FLN. Ah, scusate, l’acronimo sta per Fronte Nazionale di Liberazione. Quella lettera mi ha riportato con i piedi in terra, all’improvviso mi sono ricordato ogni cosa, ho visto con chiarezza a che causa dovessi votarmi. Ho raccontato tutto ad altri giocatori Algerini, e così, un giorno di Aprile del millenovecentocinquantootto io e altri otto, fra cui Mustapha Zitouni, considerato il miglior difensore di Francia, tutti Nazionali Francesi, abbiamo deciso di sparire. Letteralmente. È vero, so perfettamente cosa state pensando: ma come, hai tutto, fama, gloria e denaro, sei nel momento migliore della tua carriera e lasci tutto? Si. Con i soldi i Francesi avevano sanato gli appetiti del mio corpo, ma nell’animo erano tornate vive le torture e le cattiverie che avevano perpetrato, a volte gratuitamente, alla mia gente, al mio Paese. Nelle mie vene scorre sangue Algerino Algerino e non Francese!

Scappiamo per vie traverse, proprio come fossimo degli evasi. Siamo due gruppi distinti, noi passiamo da Ginevra, attraversiamo il confine Svizzero e arriviamo a Roma, dove ci aspetta l’aereo che ci porterà a Tunisi, e soprattutto dove riabbracciamo il secondo gruppo che ha attraversato il confine ad Imperia.

I quotidiani Francesi riportano la notizia della nostra fuga in prima pagina. “Clamorosa fuga di nove giocatori algerini” si legge.

Però, dopo tutte queste peripezie, eccoci finalmente a casa, in Algeria, dove già siamo accolti come eroi e dove fondiamo la squadra del Fronte di Liberazione Nazionale. Quella non era solo una squadra di calcio, fate attenzione! Quello era il nostro unico strumento di propaganda non violento per diffondere nel mondo la causa del mio Paese. Ci chiamavano “gli Undici dell’indipendenza”

I Francesi non la presero bene. Gli bruciava tanto. E allora la loro potente Federazione di calcio iniziò a fare pressioni sulla FIFA, e quelli, come sempre, hanno sposato la causa del più forte: sanzioni contro qualunque squadra avesse deciso di giocare contro di noi. Io poi sono militare, quindi sono pure disertore, e infatti mi condannano a dieci anni in contumacia.

Pensate abbiano spaventato qualcuno quelle quattro cazzate? Nemmeno per sogno! La squadra del FNL in quattro anni è riuscita a disputare novantuno partite, mica una! In giro per tutto il mondo, e fra queste c’è un bel sei a uno rifilato agli amici Jugoslavi a Belgrado.

Poi, finalmente, il cinque luglio del millenovecentosessantadue, dopo anni di guerra sporca, dopo centotrentadue anni di dominio, con lo storico accordo di pace di Evian-les-Bains, il mio Paese diventa indipendente ed io non sono solo felice, io sono orgoglioso perché tutto questo è stato possibile anche grazie al nostro piccolo sacrificio. Due anni dopo anche quei cacasotto della FIFA riconoscono ufficialmente la nostra squadra Nazionale. Ora potrò finalmente giocare con la casacca de “Les Fennecs”. Potrò difendere i colori bianco verdi della mia bandiera.

Rachid Mekhloufi: el revolucionario

Io però faccio il calciatore, mi piace giocare a calcio e raggiunto il mio scopo torno a fare il mio lavoro: correre veloce palla al piede, dribblare gli avversari e gonfiare la rete!

Prima trovo asilo in Svizzera, al Servette, e poi il Saint Étienne che era retrocesso in Seconda Divisione, mi richiama tra le sue file. Udite udite: torno a giocare in Francia da Algerino. Non è stato facile… Ma ci sono abituato, nella mia vita nulla è stato facile. Mi ricordo però con grande piacere che i fischi e gli insulti delle prime partite si sono trasformati pian piano in applausi scroscianti perché con le mie reti, con le mie giocate ho riportato in Verts in Prima Divisione e poi gli ho fatto vincere il titolo l’anno dopo e dopo ancora.

E i Francesi ancora se lo ricordano, e a Saint Étienne nessuno mi chiama più traditore. Comunque, vi avevo detto che avevo un sogno: giocare per l’Algeria e segnare la rete decisiva contro la Francia. Beh non ci sono riuscito del tutto, ho realizzato un sogno a metà, o quasi, ma questo lo lascerò decidere alle vostre coscienze.

Sentite e giudicate. È il Sessantotto, anno di proteste e grande cambiamento, si gioca la finale di Coppa di Francia. Affrontiamo il Girondins de Bordeaux. Al braccio ho la fascia di capitano. In tribuna c’è il Generale Charles De Gaulle. Io questa partita la devo vincere, mi dico, non per la Coppa in sé, di quella sinceramente me ne frego, io voglio che quel piccoletto la Coppa la consegni nelle mie mani, nelle mani di un Algerino capitano di una squadra Francese. Deve consegnare la Coppa di Francia a me, Rachid Mekhloufi che ho contribuito a cacciare i Francesi dalla mia terra!

Ci ho messo l’anima. Abbiamo vinto due a uno in rimonta e ho segnato io le due reti. Quelle della vittoria!
E il piccoletto alla fine il trofeo lo ha consegnato nelle mie mani!
Dite un po’ se non è un goal questo!

Fotografie
  1. Rachid Mekhloufi, héroe de Argelia via Periodismo de fútbol mundial
  2. The FLN football team in its jubilee in july 5 stadium in 1974. via Wikipedia
  3. Rachid Mekhloufi: el revolucionario - da martiperarnau.com via martiperarnau.com
Video: "DZ Legends - Rachid Mekhloufi " - via Youtube
Le parole liberamente attribuite a Rachid Mekhloufi sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, sono ispirate a fatti realmente accaduti e in seguito romanzate.