I bambini e gli adulti che amano il calcio hanno un fil rouge comune: le figurine dei calciatori. Ogni anno è una corsa sfrenata ad accaparrarsi le prime "figu", appiccicarle sull’album e cercare di finirlo prima degli amici. E nel caso in cui manchino le figurine, ecco partire il figurina-mercato, dove pur di avere le "figu" mancanti, parte un vero mercato che vede tutti scambiarsi le figurine un po’ per aiutare sé stessi a finirlo ed un po’ per aiutare gli amici: ti do la figurina di "Caio" in cambio di tre di "Tizio" e due di "Sempronio". Ed una volta finito l’album, si aspetta che esca il prossimo.
Le figurine sono santini laici: il mezzobusto del calciatore, la maglia in bella vista e via a pregare che il proprio idolo possa essere determinante per la vittoria di coppe, scudetti o affini. O anche solo della salvezza.
A Novara, come nel resto d’Italia, nulla di nuovo sotto il sole: quando escono le "figu", è caccia all’edicola e via che si spendono decine di euro per acquistare le figurine sperando di trovare quelle mancanti e non le solite doppie. Nella città piemontese, nove stagioni fa ci fu un’impennata di vendite di album e figurine grazie al fatto che la locale squadra di calcio, il Novara Calcio 1908, era tornata in Serie A dopo 55 anni.
55 anni erano davvero tanti, di cui ventuno passati in Serie C2 (15 consecutivi) e mai la possibilità anche solo di tornare in Serie B. Ma tra il 2009 ed il 2011, il miracolo: doppio salto Lega Pro-Serie B-Serie A e Novara Calcio che tornava tra i grandi.
Tutti a ricordarsi dei tempi di Silvio Piola, novarese tra il 1947 ed il 1054 e oggi miglior marcatore della storia del club in massima serie e terzo di sempre nella storia del club prossimo, il 22 dicembre, a festeggiare i suoi 112 anni di vita con le due caratteristiche che lo rendono una delle dodici squadre a non essere mai fallite e ad aver giocato sempre tra i professionisti.
Ma il tifoso del Novara e l’amante delle figurine alla voce "Novara Calcio" non può non pensare alla "figu" più nota, apprezzata e ricercata di tutte: quella di Giovanni Udovicich. E quando si parla di Udovicich, ecco che parte lo struggente momento di ricordi e memorabilia.
Giovanni "Nini" Udovicich è noto a tutti perché è stato l’emblema della "figu" più cercata e del calciatore-bandiera: da una parte un giocatore alto, magro, dinoccolato, con la calvizie incipiente e abile nello scontro fisico contro l’attaccante di turno; dall’altro un giocatore che ha deciso di passare la propria carriera di calciatore con una sola maglia, indossando per 516 volte quella della "provinciale" Novara, rifiutando tutte le offerte di club di Serie A pur di rimanere in azzurro e nella "sua" Novara. Eh si perché Udovicich non ha mai giocato in Serie A nemmeno un secondo ed è sempre rimasto all’ombra della Cupola di San Gaudenzio, simbolo nazionale della città piemontese. C’è chi dice che Novara sia stata la sua comfort zone, c’è chi pensa abbia sprecato la sua carriera in provincia e avrebbe meritato carriera migliore, c’è chi gode nell’averlo avuto per ben diciotto anni consecutivi in squadra.
Novarese d’adozione essendo nato il 1° gennaio 1940 a Fiume, nel 1946 gli Udovicich si spostarono "forzatamente" (insieme ad altre 300mila persone) verso un’altra parte di Italia: tra il luglio 1943 e la fine della Seconda guerra mondiale ed ancora prima della firma del trattato di pace di Parigi (10 febbraio 1947), le autorità partigiane comuniste di Josip Broz (detto "Tito") presero il potere in tutto il territorio della Venezia Giulia, usando violenze contro gli abitanti di quelle zone. Con la firma del trattato di pace, nacquero la "Zona A " italiana e la "Zona B" jugoslava di Trieste: in quest’ultima entrarono a far parte i territori provinciali di Fiume, Zara, Pola e parti delle province di Trieste e Gorizia.
Per molte famiglie si recideva un cordone ombelicale: persero tutti i loro averi (e la dignità) e dovettero lasciare la terra dei loro avi e dove erano nati e cresciuti. A Novara, gli Udovicich e tutti gli esuli trovarono uno spazio abitativo in una nuova zona della città creata ad hoc per loro, il Villaggio Dalmazia. Come dire: Novara non sarà la vostra terra d’origine, ma ci proviamo a rendervi la vita meno complicata.
A Giovanni Udovicich piaceva il calcio e a 14 anni, viene scoperto in un noto torneo di ragazzi che si svolgeva a Novara: il "Torneo dei ragazzi" organizzato da don Aldo Mercoli, il sacerdote che con quella competizione cittadina non solo trovò ragazzi che a calcio ci sapevano fare, ma trovò anche modo per toglierli dalla strada, farli sentire importanti e membri di una collettività. In dieci anni, giocarono tantissime squadre e vi presero parte oltre 3mila ragazzi, tra questi Giovanni Udovicich venne selezionato dal Novara Calcio. Era la stagione 1954/1955 ed il club azzurro stava affrontando la sua settima stagione consecutiva (la 11a fino a quel momento) in massima serie e da pochi mesi Silvio Piola si era ritirato alla "tenera" età di 41 anni dopo aver segnato 274 gol in Serie A. Usciva Piola dal Novara, entrava Udovicich.
Debuttò in azzurro stranamente…da attaccante il 9 febbraio 1958, a Bari, e la sua ultima partita la giocò nell’allora "Comunale" il 30 maggio 1976 contro la Ternana. Un infortunio lo portò al ritiro: chiuse con 516 caps e dieci reti segnate. Per colpa di un infortunio che oggi, nel 2020, sarebbe curato senza problemi, ma che da allora era la fine per ogni calciatore: avrebbe sicuramente incrementato il bottino di presenze. Pazienza.
Aveva giocato la prima partita ufficiale da attaccante, giocò tutte le altre da "stopper" (l’attuale difensore centrale) per via della mole e del suo fisico. Ed infatti con la maglia numero 5 sulle spalle e le sue lunghe leve, staccava in aria prima dell’avversario, colpendo di testa e facendo ripartire l’azione, evitando il gol al Novara.
Chi lo avrebbe detto quel 1954: si ritirava il top scorer di sempre del Novara in Serie A, entrava il futuro recordman di presenze. Guarda caso, i due giocatori più amati dai tifosi.
Ed il suo physique du rôle divenne popolare sui giornali del tempo (ovviamente in bianco e nero) ed il suo mezzobusto era il top per le "figu".
La stagione successiva, senza Udovicich in campo, il Novara retrocesse in Serie C dopo sette campionati cadetti consecutivi e per il club (ed i suoi tifosi) iniziò un "calvario" terminato solo il 25 aprile 2010 con il ritorno della squadra in Serie B dopo trentatre anni consecutivi tra Serie C, Serie C1, Serie C2, Lega Pro e per qualche settimana, nell’estate 1990, anche la Serie D (se non che il Novara fu ripescato).
Udovicich dopo il ritiro ha fatto il bancario e non è mai mancato una volta in viale Kennedy, la "casa" del Novara intitolato alla memoria di Silvio Piola dal 1997.
Oggi quando si pensa alle "bandiere", si pensa a calciatori che si farebbe fatica a pensarli con altre maglie. Ed in alcuni casi si riderebbe (in senso ironico) nell’immaginarli con altre maglie. L’elenco è lungo, ma in questo elenco Giovanni Udovicich da Fiume ma nuares d’adozione ci entra in tackle ed in scivolata, come quando calcava i rettangoli verdi di tutta Italia.
Addirittura nel 2011, per il ritorno in Serie A del Novara, qualche tifoso azzurro voleva che la dirigenza tesserasse solo per una partita l’allora 71enne "Nini", farlo giocare anche solo un secondo per fargli dire: "ce l’ho fatta a giocare in Serie A con il Novara finalmente". Ovviamente non si poté ma Udovicich non mancò mai alle partite casalinghe del Novara.
Negli ultimi anni si vedeva in giro di rado, complici gli anni e la malattia ed il 4 settembre 2019 Giovanni Udovicich, in silenzio, se n’è andato, lasciando nello sconforto non solo i tifosi del Novara che lo hanno visto in campo, ma anche i tifosi novaresi più giovani cresciuti con il suo mito. Ma anche tutti gli appassionati di calcio, perché Udovicich è stato un simbolo di fedeltà, amore e passione per una sola maglia. In questo caso quella azzurra, che lo aveva fatto conoscere al grande pubblico e rendendo la squadra piemontese un po’ nota in Italia.
Il suo record di presenze dura ininterrottamente da 44 anni e per anni durerà. Non solo a Novara, ma anche in tante altre piazze: è difficile che un giocatore giochi diciotto stagioni consecutive con una sola squadra a causa (anche) di un calcio non più "pane e salame", ma molto legato agli introiti televisivi e al business.
Ma "Nini" Udovicich faceva parte di un altro calcio: un calcio umano, dove la maglia non era solo una cosa in sintetico da indossare la domenica prima della partita, ma era un qualcosa che si indossava nel cuore, nell’anima e nella mente.
516 presenze sono state un segno di riconoscenza verso una piazza calcistica tranquilla che da un anno è orfana del suo mito, del suo simbolo, della sua storia recente. Ed il giorno delle sue esequie c’erano tanti amici e tifosi commossi, ma orgogliosi di aver visto giocare quell’uomo nato a Fiume che lo ha visto esule a sei anni. E poi nel piazzale della chiesa, come in Curva Nord, il cuore del tifo novarese al "Piola", è apparso quel bandierone con la sua immagine stilizzata a colori in maglia azzurra su sfondo bianco che fa capolino da quattro stagioni nello stadio novarese.
Oggi se si scrive su un motore di ricerca "Giovanni Udovicich", appaiono pagine e pagine di articoli dedicati al roccioso difensore di Fiume, novarese d’adozione con la maglia azzurra indosso, la fascia di capitano al braccio e le braccia conserte.
Si dice Nemo profeta in patria: nel caso di Giovanni Udovicich detto Nini, si può parlare di Nemo bandiera in patria. Con una sua "figu" in mano.
- Giovanni Udovicich in azione contro l'Inter, da «Intitoliamo lo stadio di viale Kennedy a Nini Udovicich» La voce di Novara
- Formazione del Novara nella stagione 1972-1973. Da sinistra, in piedi: A. Veschetti, R. Zaccarelli, A. Vivian, F. Enzo, G. N. Pinotti, A. Mainardi (massaggiatore), G. Udovicich; accosciati: L. Giannini, P. Baisi, F. Carrera (capitano), R. Gavinelli, M. Riva - via Wikipedia
- Il calciatore italiano Giovanni Udovicich al Novara - via Wikipedia
- Giovanni Udovicich in azione di testa, da «Intitoliamo lo stadio di viale Kennedy a Nini Udovicich» La voce di Novara