Manca Roberto Baggio

Roberto Baggio

Roberto Baggio

Attaccante, nato a Caldogno, 18 febbraio 1967

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Dalle ore 16:39 del 16 maggio 2004, la vita da tifoso di Cesare Cremonini prese una piega diversa. Cosa successe quella domenica? A partire da quel momento, in un caldo pomeriggio di metà maggio, una parte della storia del calcio italiano è andata agli archivi.

Milano, stadio "Giuseppe Meazza". Di fronte, per la 34a giornata, l'ultima di campionato, Milan e Brescia: i rossoneri erano già campioni d'Italia, le rondinelle erano salve da tempo. Una partita che non servì a nulla ai fini del titolo, solo per le statistiche. La partita si chiuse sul punteggio di 4-2 per i padroni di casa con Tomasson (Milan) e Matuzalem (Brescia) sugli scudi con due doppiette.

Al minuto 85, il tecnico delle Rondinelle, de Biasi, effettuò il suo ultimo cambio: sarebbe entrato Giuseppe Colucci. Ma chi uscì per fare posto al centrocampista numero 21? Il capitano del Brescia, il numero 10 della squadra: Roberto Baggio. Quante volte era stato sostituito il Divin codino? Poche, ma quella sarebbe stata l'ultima volta: Milan-Brescia è stata la sua 452a partita in Serie A, l' ultima della carriera.

Al momento del cambio, lo stadio si alzò in piedi in una grandissima standing ovation, Baggio si tolse la fascia, abbracciò il suo "collega" Paolo Maldini, contraccambiò l'applauso verso tutto l'impianto milanese, uscì. Da allora, Baggio non giocò più a calcio e le domeniche di Cesare Cremonini non furono più le stesse. Quella domenica, lo stesso giorno in cui, dieci anni prima morì a Imola Ayrton Senna.

In questi quindici anni il calcio è cambiato, noi siamo cambiati. Baggio dopo la breve parentesi settore giovanile della Nazionale, è fuori dal giro. Non allena, non va in tv a commentare, è lontano da questo mondo. Tanto per capirci: non è neanche sui social network. Come è entrato in punta di piedi nella storia del calcio, così è uscito: è tra il suo debutto e la sua ultima partita che Baggio ha fatto rumore. Un rumore piacevole per la vista e per il cuore.

Ma non solo per Cremonini, per tutta l'Italia l'addio di Roberto Baggio al calcio è stato un colpo duro da digerire. Un addio annunciato sei mesi prima, ma tutti a dire "oh da qua al 16 maggio…". Ed invece quella domenica è arrivata e chi ama il calcio non può che sentirsi "orfano" dopo che il Divin codino ha detto basta con lo sport che lo ha reso un immortale ed uno degli sportivi italiani più famosi ed apprezzati al Mondo.

Roberto Baggio è uno che non merita presentazioni, perché è un calciatore che tutti conoscono: magari tanti non sapranno il suo ruolo in campo, le partite giocate, i gol realizzati, le vittorie e le coppe alzate, ma tutti sanno chi è stato Roberto Baggio.

Cosa ha rappresentato Baggio per il calcio, non solo italiano? Il numero 10 per antonomasia del calcio italiano è considerato da tantissimi come uno dei calciatori più forti della storia. Ed è uno che ha fatto innamorare sia i tifosi delle squadre in cui ha giocato sia quelli che lo avrebbero voluto nella propria squadra.

Italia 90 - Baggio e Schillaci

La mente va subito ai fatti dell'estate 1990, quando un 23enne Baggio, in piena ascesa, era passato per 25 miliardi di lire dalla Fiorentina alla Juventus. Era l'estate delle "notti magiche" di Italia '90 e i tifosi viola erano incavolati (per usare un eufemismo) contro la loro squadra (e l'odiata squadra bianconera) per il passaggio, a loro modo, ingiusto del loro idolo alla rivale di sempre. Si registrarono risse in strada, feriti, arresti. Baggio, uomo introverso per antonomasia, fu molto colpito dalla vicenda.

Ma prima o poi doveva arrivare il giorno del ritorno di Baggio al "Franchi". Quel giorno fu domenica 6 aprile 1991 ed il numero 10 juventino compì un gesto inatteso ed apprezzato: si rifiutò di tirare un calcio di rigore contro la sua squadra. Chi lo sostituì alla battuta, sbaglio. Quando Maifredi decise di togliere Baggio, il giocatore mentre si incamminava verso l'uscita raccolse una sciarpa viola lanciati contro. Baggio la raccolse da terra e se la mise al collo. Un gesto incredibile che solo uno incredibile come Baggio poteva fare.

Roberto Baggio raccoglie la sciarpa viola - Fiorentina 1-0 Juventus 1990-1991

Calcisticamente, Roberto Baggio è stato un qualcosa che in Italia per diciannove anni (durante la sua attività di calciatore) ha esaltato e fatto sognare: rabone, punizioni, dribbling, gol magici. E a scegliere il suo gol più bello, si farebbe notte: 205 reti segnate tra il 10 maggio 1987 al 9 maggio 2004, settimo marcatore di sempre a oggi in Serie A.

Eppure anche Baggio, come ogni atleta, ha avuto il suo momento buio. Ne ha avuti due: i tanti infortuni che lo hanno accompagnato senza tregua in carriera ed il rigore fallito nella finale di Usa '94 che consegnò la Coppa del Mondo al Brasile.

Roberto Baggio, Juventus, Pallone d'oro 1993

Ha vinto poco in proporzione, Baggio: due scudetti, una Coppa Uefa ed una Coppa Italia mentre a livello personale internazionale, il Pallone d'oro ed il FIFA World Player nel 1993. Era dal 1982 che un italiano non vinceva l'ambito premio di France Football e Baggio divenne il primo italiano a vincere il premio (in pratica) di miglior calciatore del Mondo: dopo quell'anno, solo Fabio Cannavaro è stato l'unico a trionfare e vincere questi due premi.

Ma nella vita calcistica di Baggio, quel 1994 poteva essere davvero l'anno della sua esplosione mondiale. Fino alla semifinale contro la Bulgaria, il Divin codino aveva il Paese ai piedi, aveva trascinato da solo l'Italia alla finale e bastava un piccolo sforzo per toccare il cielo con un dito a Pasadena. Ed invece in cielo andò la palla del suo rigore.

Non doveva neanche giocare Baggio quel 17 luglio 1994: era uscito malconcio dal match contro la Bulgaria, piegata con una sua doppietta. Provò in tutti i modi a giocare la partita che tutti vogliono giocare. Pregò molto, il Divin codino. Pregò Buddha e tutto ciò che i buddisti professanti pregano.

Si vedeva che non era in forma. 0-0 al 90', 0-0 al 120': per la prima volta nella storia del Mondiale, la Coppa si sarebbe assegnata ai rigori.

Dal dischetto sbagliarono Massaro, Marcio Santos e Baresi. L'ultimo rigore spettò al giocatore più forte, uno che dal dischetto aveva sempre segnato ed aveva segnato anche quattro anni prima nella lotteria contro l'Argentina. Il destino di quel Mondiale dipendeva dal piede destro del numero 10 azzurro.

Baggio prese la rincorsa, partì, calciò e la palla sorvolò la traversa. Brasile campeon, Italia a pezzi peggio di quattro anni prima quando i rigori avevano impediti alla truppa di Vicini di giocare la finale del Mondiale davanti al pubblico di casa.

In tante occasioni Baggio ha ricordato che spesso non dorme pensando a quel rigore, ma lui ribadisce che solo chi ha il coraggio di tirare un rigore può sbagliarlo. Un dogma, una parola scolpita nella pietra.

Baggio ha preso parte a tre Mondiali consecutivi, diventando il primo calciatore italiano a segnare almeno un gol in tre edizioni diverse. Poteva fare la storia in Francia se non avesse fatto la staffetta con del Piero e se quel tiro nel supplementare contro la Francia non fosse uscito di un nulla.

Doveva partecipare anche a Corea-Giappone 2002, ma tre infortuni in pochi mesi fecero desistere Trapattoni dal chiamarlo, anche se il Trap lo voleva con sé.

In settantasette giorni si riprese dalla rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro con lesione del menisco interno, ma era troppo tardi: Baggio era stato tagliato fuori, niente Mondiale. Un recupero record che non servì a nulla per il Mondiale, ma che gli permise di giocare altre due stagioni.

E lo stesso Divin Codino (che fino a prima del gol contro la Nigeria ad Usa '94 era passato in un lampo da "Raffaello" a "coniglio bagnato") ha sempre avuto rapporti difficili con tanti allenatori: Eriksonn, Lippi (due volte), Capello, Ancelotti (che non lo volle a Parma), Ulivieri. L'unico con cui ebbe un rapporti magico ed epico fu con il suo ultimo tecnico, Carlo Mazzone.

Roberto Baggio al Brescia

"Er sor Carletto" convinse con poche parole uno stanco e affaticato Baggio, nell'estate 2000, a passare al Brescia, ad andare ancora in provincia dopo Bologna e tornare grande. Mai scelta fu migliore: i quattro anni di Baggio nella città "leonessa d'Italia" sono stati i suoi migliori anni: gol, assist man, uomo squadra, leadership, capitano. Così informa da entrare nella lista dei votati per il Pallone d'oro 2001: ottenne un voto, ma per la prima volta un calciatore del Brescia era nella lista del premio di France Football. Ovviamente il Brescia, dopo quel 16 maggio 2004, decise di ritirare per sempre la maglia numero 10, cosa non fatta da nessun'altra squadra bianconera.

Cosa è stato Roberto Baggio, 53 anni tra meno di tre mesi?

Un giovane Roberto Baggio al L.R. Vicenza nella stagione 1982-83

E' stato un intuitivo, un dribblatore per vocazione, il campione principe, dotato di una tecnica senza eguali, un finalizzatore fatto e finito, il punto di riferimento. Baggio è stato un esempio. E basta pensare al fatto che in quasi venti anni di carriera (partendo da Vicenza) ha preso 28 "gialli" ed e è stato espulso solo due volte

Lui con il gol ha avuto un certo rapporto privilegiato: gol di destro, sinistro, rigore, punizione dal limite, punizione dalla lunga distanza.

In quei diciotto anni, Baggio scrisse bellissime pagine di calcio: dall'esordio nel Vicenza all'esplosione nella Fiorentina, dalla consacrazione nella Juventus agli alti (pochi) e bassi (tanti) con le milanesi, alla doppia rinascita in provincia (con Bologna e Brescia).

Oggi Roberto Baggio si gode i figli, il matrimonio storico con la storica fidanzata Andreina e la pensione. Ne ha fatta di strada il ricciolino ragazzino che dai campi della provincia vicentina è riuscito a realizzare il sogno di diventare un calciatore e di diventare un eroe universale noto in tutti gli angoli del pianeta.

Baggio nella cultura di massa: dagli spot in tv, alle canzoni, passando per Holly e Benj

Ma Baggio è stato oltre: Baggio è stato il numero 10 per antonomasia negli anni Ottanta-Novanta, il ragazzo partito dalla provincia e arrivato ad un passo dal cielo se non avesse sbagliato, proprio lui, il rigore decisivo in un caldo pomeriggio del luglio 1994. Baggio è stato la fantasia al potere, con quel piede destro che faceva quello che voleva. E' stato "divin codino" e "Raffaello", ma anche "coniglio bagnato" e quello che ha cambiato tante squadre senza mai essere una bandiera. Anche perché Baggio non è una bandiera di una sola squadra, ma è stato la bandiera calcistica di un intero Paese.

Roberto Baggio è stato una grande storia. Una storia di umiltà, picchi e cadute, vittorie e vittorie che potevano essere ancora maggiori, ma a lui è andata bene.

E chi ama il calcio non può non amare Roberto Baggio da Caldogno, Vicenza. Perché chi non ha amato Baggio, non ha mai amato davvero il calcio.

E pazienza se la domenica non è più domenica come un tempo.

Scritto da Simone Balocco
Illustrazione "Roberto Baggio celebra il goal con un bacio ai tifosi xeneizes" - Fútbolismo © Tutti i diritti riservati
Fotografie
  1. Firenze, stadio Comunale, 7 aprile 1991. Il calciatore juventino Roberto Baggio, dopo essere stato sostituito, raccoglie una sciarpa del suo ex club viola, nel corso della sfida tra Fiorentina e Juventus (1-0) valevole per la 28ª giornata del campionato italiano di Serie A 1990-1991; si trattò della prima volta di Baggio a Firenze dopo il suo passaggio alla squadra torinese. via Wikipedia
  2. Roberto Baggio (a sinistra) e Salvatore Schillaci (a destra) esultano con la maglia dell'Italia durante il campionato del mondo 1990 via Wikipedia
  3. Torino, stadio delle Alpi, 30 gennaio 1994. Prima del fischio d'inizio alla sfida casalinga contro il Foggia (2-0) valevole per la 21ª giornata del campionato italiano di Serie A 1993-1994, Roberto Baggio mostra il Pallone d'oro vinto nel 1993 come miglior giocatore europeo. via Wikipedia
  4. Roberto Baggio al Brescia - by Codice 14 via Wikipedia
  5. Un giovane Roberto Baggio al L.R. Vicenza nella stagione 1982-83. - via Wikipedia
  6. Roberto Baggio ai mondiali USA 1994 - CC BY 2.0 - via Flickr

Simone Balocco

Novarese del 1981, scrive da anni di calcio e storia, le sue due grandi passioni. Per intenderci: la sua tesi di laurea verteva sullo sport nella sua città e la materia era storica. I suoi idoli giornalistici sono Gianni Brera e Indro Montanelli e segue il calcio da quando ha visto per la prima volta una puntata di "Holly e Benji". Tra le sue collaborazioni, spiccano il blog Cittadinovara.com ed il sito derbyderbyderby.it.
Lo trovi su Twitter come @SimoneBalocco