SUPERMOKH

Allahyarham Dato' Mokhtar Dahari

Allahyarham Dato' Mokhtar Dahari

Attaccante, nato il 13 Novembre 1953 a Setapak, Selangor, Malesia.
Morto l'11 Luglio 1991 a Selangor.

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Più letale di un cobra. Non sto scherzando. Io sotto porta ero letale. Certo potrà farvi sorridere. Siete abituati a gente che gioca in paesi in cui il calcio ha una tradizione più radicata, più forte. Io sono Malese, della Malesia. Cosa mai potrà centrare il calcio con la Malesia. Il mio è un paese di pirati. Lo ha scritto anche Salgari. I pirati di Sarawak e la perla di Labuan. Poi i Portoghesi, gli Olandesi e gli Inglesi. La storia di una colonia quella del mio Paese. Storia di sfruttamento. Cosa potevano lasciarci in eredità oltre questo? Vedevamo gli Inglesi rincorrere una palla e cercare di metterla in rete. Si divertivano e sembrava davvero divertente. Ci abbiamo provato e ci è piaciuto. Anche a noi Malesi. Ci hanno lasciato il Gioco. Ecco cosa ci hanno lasciato. Io poi ho potuto stringere la mano a chi questo gioco l'ha portato a livelli divini, durante un'amichevole con il Boca Juniors ho incrociato Diego Armando Maradona, la personificazione del calcio in terra!

Ancora non aveva segnato il Goal del Secolo. Ma cosa volete, mi aveva appena conosciuto!

Sono nato a Setapak nell'allora stato di Selangor.

Dico allora perché oggi è Kuala Lumpur. E allora era il millenovecentocinquantatre. Ho iniziato da subito a tirar calci ad un pallone per divertimento, con serietà e impegno dai tempi delle scuole, e poi sempre e solo per il Selangor FA. La mia vita, la mia squadra.

Allora uno che giocava al calcio come facevo io doveva lavorare, intendo lavorare per poter vivere, come fanno tutti, perché il calcio era un gioco. Oggi anche in Malesia i calciatori vengono pagati cifre astronomiche, ma allora no. I politici dividevano e dividono le masse allora come oggi. Io invece, Allahyarham Dato' Mokhtar Dahari ho unito tutti sotto un unica bandiera, anzi due, quella del Selangor e quella della Malesia. Allora come oggi.

E allora come oggi per tutti sono SuperMokh!

Il mio talento nel giocare al calcio non è passato certo inosservato, così dalla squadra scolastica sono arrivato a giocare per il Selangor e a essere il numero dieci dei giallorossi. A diciannove anni ho fatto il mio esordio con la Nazionale Malese contro lo Sri Lanka. La prima di centosessantasette partite. Corredate da centoventicinque reti!

Direte voi: "Hai tutto! Fama! Gloria! Ricchezza!" Macché. Come vi dicevo, mentre oggi sui giocatori piovono letteralmente soldi, io ero un calciatore part time. Certo mi allenavo tutte le sere, ma al mattino però andavo a lavorare. In banca. Rendere conto ai propri superiori e avere a che fare con clienti problematici ogni giorno, tutti i giorni, come tutti gli altri.

Mokhtar Dahari L'unica cosa a distinguermi era che io, e i miei compagni calciatori part time, ricevevamo, come dire, delle indennità in denaro per ogni allenamento e ogni partita cui prendevamo parte. Figurarsi chi poteva permettersi di saltare un allenamento! A questo aggiungiamo il premio partita. Soldi in più per la vittoria. Chi non ci starebbe a vincere con quest'incentivo! Capiamoci! Non sto parlando di chissà che cifre. Torno a ripetere, non c'erano contratti che potevano cambiarti la vita. Ma per un impiegato di banca poter contare su queste piccole entrate supplementari non era mica male. La mia vita era certo molto migliore di quella di tanti altri, e a questo tanto ha contribuito il calcio. Una vita modesta e dignitosa, divisa tra il lavoro e il campo d'allenamento. Al lavoro e al campo d'allenamento ci andavo con una vecchia motocicletta scassata. Stavo meglio di altri ma di meglio non potevo certo permettermi. Fino a quando non me l'hanno rubata. Ora, quando uno arriva a rubare un rottame come quello, significa che non ha proprio nulla da perdere. Ci sono rimasto così male. Non potete capirlo!

Io un'altra motocicletta non potevo comprarla. Così ho deciso su due piedi di abbandonare il calcio. Certo, il calcio, mica il lavoro. Ero davvero molto forte come calciatore ma il calcio avrebbe dovuto fare a meno di me. A farmi cambiare idea arrivò però la generosa offerta di un'azienda che costruiva motociclette: me ne regalò una nuova fiammante. Solo questo mi fece ritornare sui miei passi, e ovviamente al campo d'allenamento. Avrei tanto voluto rendere loro il favore che mi avevano fatto, non potevo farlo certo direttamente, e così lo feci, diciamo, indirettamente: nel millenovecentosettantadue ho segnato dieci reti per la Nazionale e nove nella prestigiosa Coppa di Malesia per il Selangor. Un bel bottino per un ragazzo così giovane, che non sarebbe stato possibile senza quel generoso regalo. Ecco, indirettamente ho ripagato quella motocicletta con diciannove goal!

Avevo un bel fisico. Certo non ero grande, ma muscoloso lo ero. Avevo due cosce e due polpacci grandi così! Beh, non proprio così, facciamo così! Ad ogni modo, le dimensioni non contano. Quelle gambe così muscolose mi permettevano non solo di colpire il pallone con molta forza, ma anche di essere molto rapido e veloce. A questo aggiungiamo che avevo una grande tecnica, e così il mio identikit calcistico è completo. Sono diventato famoso per i coast to coast palla al piede, avversari saltati come birilli, e palla scagliata in porta. Questo era il mio marchio, il marchio di SuperMokh. Ero il terrore dei difensori di tutto il Paese!
Negli anni a seguire ho giocato partite epiche. Ho portato le Tigri della Malesia sul podio dei Giochi Asiatici, medaglia d'Argento a Teheran. Ma soprattutto, nel millenovecentosettantacinque, ho guidato i miei compagni alla vittoria contro gli Inglesi dell'Arsenal per due a zero. Due reti ho fatto agli Inglesi.

E nel Settantotto abbiamo fermato addirittura l'Inghilterra B allenata da Bobby Robson sul pareggio. Per uno a uno. E chi volete abbia segnato? Naturalmente io! Ho preso palla nella loro metà campo, velocissimo palla al piede, ho saltato in dribbling tutti i giocatori Inglesi che mi venivano incontro e poi ho calciato con quanta forza avevo in corpo. Vi ricorda niente questa rete. Lui, Diego Armando Maradona l'ha segnata uguale qualche anno dopo! Quando gli ho stretto la mano forse gli ho trasmesso un po' di fluido positivo!
È vero, erano partite amichevoli, ma non crediate! Le partite di calcio non vuole perderle nessuno. Anche se solo amichevoli. In questi due incontri poi mi sono distinto per davvero. Tanto che si narra ci fossero stati degli abboccamenti con qualche squadra Inglese, Arsenal compreso, ma, ad essere sincero, non ne so nulla. In più io stavo bene a casa mia.
Il millenovecentosettantanove è poi l'anno in cui mi sono sposato. In realtà la mia Zarina l'ho conosciuta molto tempo prima, durante una partita che il Selangor giocava nel Kelantan, di dov'è originaria. Era ed ha continuato ad essere la mia più grande sostenitrice. D'altronde lo sapete, si dice che dietro un grande uomo ci sia sempre una grande donna! Lo ha sempre saputo, da quando mi ha visto giocare quella prima partita con la maglia del Selangor nel Kelantan, che io vivevo per la squadra della mia regione, e che sarei anche morto per quei colori.
Se sono così amato, quasi venerato, però c'è un motivo. E questo motivo non dovete ricercarlo solo nel numero di reti che ho segnato, o nelle giocate spettacolari che potevo offrire con la mia tecnica. No, queste cose alla lunga si affievoliscono nella memoria, quasi se ne perde il ricordo.

No, io sono una leggenda perché ho sempre giocato gettando il cuore oltre l'ostacolo. Ho giocato per i miei tifosi, quelli del Selangor e per tutti quelli delle Tigri della Malesia.

Tante volte mi hanno chiesto di giocare per altre nazionali, anche per tanti più soldi, ma io sono innamorato del mio di Paese. Io sono Malese e questo non lo dimentica nessuno. La sera prima di una partita molto importante, avevo la febbre altissima, mi dissero che non avrei giocato. "Scherzate? Io in campo non posso mancare. Mai!" Questo non lo dimentica nessuno. La gente mi venera per quanta passione ci ho messo nel gioco del calcio. Volete che una febbre alta possa tenermi lontano da un campo di gioco? Volete che più soldi mi rendano un mercenario del pallone?

Mai!

La mia tenacia, oltre al resto, mi ha permesso di aiutare i giallorossi del Selangor a vincere dieci Coppe della Malesia sulle quattordici edizioni a cui ho partecipato. L'ultima l'ho alzata al cielo piangendo di gioia dopo aver sconfitto per sei a uno il Johor. Poi, piangendo di tristezza ho annunciato il mio ritiro al Sultano di Selangor regalandogli la divisa con cui tante partite avevo vinto e con cui tante reti avevo segnato: centosettantasette!
Ancora oggi in Malesia si parla di me. Anche chi non mi ha visto giocare parla di me come se mi avesse visto sul campo.

Ancora oggi il mio nome è leggenda. Almeno a queste latitudini!

Fotografie
  1. Dahari con Coppa - klinikbolasepak.com
  2. "Mokhtar" by Meeneunos10 - http://www.goggle.com/. Licensed under Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 via Wikipedia
  3. By Sumber, Kegunaan wajar, via Wikipedia
Le parole liberamente attribuite a Allahyarham Dato' Mokhtar Dahari sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, sono ispirate a fatti realmente accaduti e in seguito romanzate.