Una volta i numeri di maglia andavano dall’uno all’undici.
Semplice.
Dal dodici al quattordici, e più tardi fino al sedici c’erano i sostituti, le riserve, i panchinari, gli scalda panchina.
Quando iniziava la campagna acquisti e cessioni un’allenatore, se era fortunato, andava dal suo presidente e chiedeva un “2”, un “8”, un “11”.
Semplice.
Semplicissimo.
Si sapeva con assoluta certezza che il portiere era il numero 1. Fatta salva qualche rara eccezione: l’Olanda del 1974, quando il numero 1 lo vestì Rudy Geels e il portiere, Jan Jongbloed, prese l’8, o l’Argentina del 1978, dove i numeri di maglia vennero assegnati in ordine alfabetico e quindi l’1 lo prese Norberto Alonso.
Il centro mediano metodista (sublime definizione) era il numero 4.
Il fantasista, quello che con classe e visione di gioco dirigeva la baracca, era il numero 10.
E poi c’era il numero 7.
Il numero 7 aveva un fascino particolare. Lo indossavano quelli dotati di estro smodato, di genio. Un numero magico. Basti pensare a quel Nordirlandese che imperversava sbarazzino lungo la fascia con la maglia rossa del Manchester United.
E poi arriva lui.
Un bel giorno arriva uno smunto giovanotto Olandese a sparigliare le carte. È il figlio di una inserviente dell’Ajax, cresciuto respirando l’aria dei lanceri. Aveva iniziato indossando la casacca bianco rossa con il numero 9. Poi arrivò l’infortunio, ma poi anche l’infortunio venne superato e quando arrivo nuovamente il momento di tornare in campo a quel ragazzino venne assegnata la maglia numero 14. Quel ragazzino era pure tanto scaramantico e così il numero 14 da quel giorno sarà sempre il suo. Solo il suo.
Il numero veertien!
Il 14 è semplicemente due volte il numero 7. Il 14 è semplicemente genio al quadrato.
Il 14 è semplicemente Johan Cruijff!
- Illustrazione Johan Cruijff di Marija Marković - via Instagram