I fell in love with football as I would later fall in love with women: suddenly, uncritically, giving no thought to the pain it would bring (Nick Hornby, Fever Pitch)
Once upon a time… c’era una volta una strada semi asfaltata di periferia…
E proprio ad una strada semi asfaltata di periferia è legato il mio personalissimo ricordo del calcio.
Poi sarebbe arrivato il campo dell’oratorio, sempre in asfalto. Poi i campi polverosi e gibbosi, e poi, ma proprio tanto poi, un campo in erba.
La colletta per comperare il pallone.
Pallone poi.
Un Supersantos. Il più economico.
Per me ancora il più bel pallone.
Mi piaceva soprattutto perché aveva la pretenziosa supponenza di scimmiottare i vecchi palloni di cuoio. Quelli degli anni ‘50.
Certo, i vecchi palloni da calcio erano in cuoio ed il loro colore era appunto color cuoio, mentre il Supersantos era in plasticaccia color arancione!
Però nella fantasia di un ragazzino quello era un gran pallone. Anzi, “il pallone”!
Scoprimmo in seguito che non troppo distante c’era un campo d’allenamento su una collina e quando la palla finiva fuori dalle recinzioni non veniva recuperata fino alla fine degli allenamenti, ecco, aguzzare l’ingegno! E noi l’ingegno aguzzammo! Acquattati come briganti in attesa dell’occasione propizia.
La nostra personale riserva di caccia… palloni di cuoio… e gratis.
Fine delle collette. Onore al Supersantos.
Una strada dicevamo.
Ma una strada per davvero! Ci passavano anche le automobili. Non tante per la verità, però passavano.
Durante le partite erano gli automobilisti a fermarsi e a suonare il clacson per passare. Così la partita si interrompeva. Il tempo di rimuovere la pietre che facevano da porte, far passare l’auto e ricominciare.
Ma ricominciare dallo stesso punto intendo.
Si rimaneva fermi dove ci si era fermati e poi via di nuovo.
Non si concedevano vantaggi.
Nemmeno di un centimetro!
Le discussioni infinite se fosse palo o goal.
Se la palla fosse alta sulla traversa o fosse dentro. Poi quale traversa? Non c’era. A occhio. Mai una discussione sul fuorigioco peró!
Recuperare il pallone sotto un’automobile parcheggiata. Recuperarlo su un balcone.
Queste erano le nostre preoccupazioni più importanti! Le cose più stressanti cui la vita ci mettesse di fronte.
La domenica si giocava. Certo che si giocava.
Ma con in più una piccola e vecchia radiolina che gracchiava “Tutto il calcio minuto per minuto”… “Scusa Ameri. Sono Ciotti. Intervengo da Torino. Al Comunale la Juventus si é portata in vantaggio con un magistrale calcio di punizione di Platini”.
Romeo Anconetani e Costantino Rozzi. Dino Viola e Giampiero Boniperti. L’“Avvocato”Agnelli e Peppino Prisco. Un calcio sanguigno, ricco di sano umorismo.
La riapertura delle frontiere e L’Allenatore nel pallone.
L’album Panini.
Il buon vecchio Guerin Sportivo.
Novantesimo Minuto.
Le Coppe al Mercoledì. Tutte.
Non c’è un motivo particolare per seguire il calcio.
Ce ne sono tanti di motivi.
O forse no.
Chi lo sa.
Io sono semplicemente “pazzo” di calcio.
Pensavo fossi io solo ad avere questa patologia, ma poi nel corso degli anni ho scoperto che siamo tanti. Ma tanti tanti. E a tutte le latitudini.
Ho trovato così i miei amici fraterni, quelli con cui parlo di calcio. Quelli con cui vedo le partite in TV. Quelli con cui vado allo stadio. Quelli con cui commento le partite… anche via WhatsApp (Londra - Parigi - Torino). Quelli che per festeggiare insieme il primo scudetto dell’era Conte ci si chiama via Skype da una sperduta stanza d’albergo in Finlandia.
Nel libro “Parliamo di calcio” di Michel Platini con Gérard Ernault si legge:
“Il calcio sarà quel che sarà e questo non mi coinvolge molto, ma quello che resterà sarà il pallone. E lui tornerà davanti alla saracinesca di un garage, ai suoi sabati e alle sue domeniche. Non c’è l’ultima parola, il calcio è un viaggio senza fine. Da tempo immemore il pallone rotola, rotola, rotola dovunque nel mondo. Così rotola la vita. E il calcio ne segue la traccia. Come può.”
Amen!
- "Causio e Altobelli, Porta Venezia, Milano" di Francesco Mistrulli © Francesco Mistrulli 2014