La mia vita è un grande paradosso.
Per i tifosi del Watford sono il “Bombardiere nero”. Miglior marcatore con ventisette reti nella stagione agonistica millenovecentoottantadue/ottantatre in First Division. Dico, ventisette reti! Mica roba da ridere.
Quell’anno siamo arrivati secondi dietro il grande Liverpool, al nostro secondo anno in First. Riuscite a crederci! L’anno prima le reti erano state diciannove!
Il Watford, la squadra di Elton John. Una pop star!
Il mio presidente era uno stramboide però cantava da Dio. Sono stato fortunato. Poteva andarmi peggio, poteva capitarmi Boy George! Ad ogni modo una stella della musica che paga una stella del calcio. Grandioso!
Il Watford. Cazzo! Ce l’ho portato io con i miei goal dalla Fourth Division alla First! Non ci erano mai riusciti prima! Beh, per onestà devo dire che un po’ ci ha messo anche il mister Graham Taylor però.
A suon di reti mi sono meritato anche la maglia della Nazionale dei tre leoni e ci ho segnato pure una tripletta, cioè tre goal tutti in una partita! Conservo ancora il pallone tra i miei cimeli. Comunque è stato contro il Lussemburgo. Ridete, ridete pure.
Intanto uno deve arrivarci a giocare in Nazionale e poi deve segnarli tre goal in una partita. Dopo quell’exploit, di reti in Nazionale non ne sono arrivate più, e hanno iniziato a chiamarmi Luther “Missitt”.
Intanto goal sbagliati o no io in Nazionale ci ho giocato! Fatevi fottere!
Sono stato anche uno dei primi calciatori di colore a vestire la candida casacca Inglese. Non il primo. Il primo è stato un difensore. Come si chiamava quel terzinaccio del Nottingham Forest? Maledizione. Ce l’ho sulla punta della lingua. Ecco, Viv Anderson! Maledetto!
Insomma, per uno che arriva dalla Giamaica e non suona il Reggae ne ho fatta di strada. Non vi sembra. Sono un giamaicano atipico io: non bevo, non mi drogo e non vado a donne. Però il Reggae quello mi piace.
Vi state ancora domandando qual’è il paradosso? Abbiate pazienza, ci arriviamo.
Ora, dopo quello che vi ho raccontato, sapete che sono un grande attaccante e che, come tutti i grandi attaccanti gioco in Nazionale, ed è naturale che club del continente si interessino a me. Sono un pezzo pregiato!
E allora, com’è logico, nel millenovecentoottantatre arriva un’allettante proposta, da un club italiano, l’A.C. Milan. Sono appena tornati in Serie A dopo la retrocessione per il “Calcioscommesse”, uno di quei classici imbrogli all’italiana, però, hanno una tradizione vincente, fatta di Coppe Campioni e titoli nazionali. Così per un milioncino di sterline il presidente Giussi Farina strappa me, Luther Loide Blissett da Falmouth, Giamaica, il “Bombardiere nero”, dalla ridente Watford alla Milano da bere.
D’altronde io sono un cavallo di razza, lo sapete.
Insieme a me arriva a Milano un difensore belga, Eric Gerets. Dico io, ma nel paese dei difensori, che ha appena vinto la Coppa del Mondo, dove Claudio Gentile ha portato via le maglie di dosso a Maradona e Zico, dico, compri un difensore? Valli a capire gli italiani!
Mi sento elettrico all’idea di incrociare i tacchetti con altri campioni come me: Platini, Zico, Falcão, ma soprattutto con Michel Platini!
Quel Francese spocchioso, chi crede di essere, la stagione scorsa ha segnato solo diciotto gol. Milan, io ne infilerò di più! Diventerò l’idolo dei giovani.
Giocherò il “derby della Madunina”, e vedranno chi sono. Se ne accorgeranno anche qui! Nebbia permettendo!
Comunque, pensate quel che volete, io ce l’ho messa tutta, ma proprio tutta. Invece i miei buoni propositi sono andati a farsi fottere! Io però ho la mia teoria: furono il pessimo ambiente e la fredda accoglienza di Milanello a fregarmi. I miei compagni erano gelosi, e poi, nessuno parlava inglese, nemmeno per sbaglio.
Eppure nelle amichevoli estive ero partito bene, segnai nove goal. Le cose si sono complicate quando abbiamo incominciato a giocare in campionato. All’improvviso non ho più riconosciuto la squadra, il Milan se ne stava sempre in difesa e a me la palla non arrivava mai. Nel Watford tutti giocavano per l’attaccante, nel Milan no. A Milano sarei dovuto arrivare due anni dopo: Berlusconi capovolse quella mentalità difensivista. Il gioco di Sacchi sarebbe stato l’ideale per me.
Con i “se” e con i “ma” non si scrive la storia!
Comunque, il campionato inizia, con infamia e senza lode. Ed eccoci dunque al paradosso.
Non succede nulla di eclatante, eccetto per il fatto che non riesco a segnare. Nulla sino ad una partita di Coppa Nazionale, Coppa Italia si chiama da queste parti. Contro il Pisa. Viene fischiato un calcio di rigore in nostro favore. Ovvio che lo tirerò io! Così prendo il pallone e lo poso con orgoglio sul dischetto. Il gesso copre una piccola buca, me ne accorgo, ma non importa, sono carico.
Prendo la rincorsa, colpisco, ma il pallone s’impenna, e quasi supera l’anello dei settori popolari.
Il mio stadio, San Siro, tace per qualche secondo ma poi esplode in un applauso di incoraggiamento.
Mi adorano. Nonostante tutto. Diventerò l’idolo dei giovani.
Da una maglia nerazzurra all’altra, dopo qualche settimana ecco il primo derby della stagione, il mio primo in assoluto. Devo lasciare il segno!
In quel grigio pomeriggio d’autunno del millenovecentoottantatre, in un San Siro pieno fino all’orlo, ecco l’occasione del riscatto: la porta dei nerazzurri è indifesa, spalancata, devo solo appoggiare di piatto il pallone… ma un rimbalzo fasullo su quel campo di patate mi fa ciccare clamorosamente la palla davanti alla porta. Io ero abituato ai prati degli stadi inglesi, tavole da snooker, lisci e perfetti. Stramaledettissimo campo!
Quel pomeriggio segna lo spartiacque della mia carriera.
Un piccolo stramaledetto giornalista, sempre avvolto dal fumo della sua pipa, con una lingua più tagliente di un rasoio, un tale Gianni Brera, mi appioppa il nomignolo di “Callonissett”. Inizialmente me ne sono fregato, non capivo cosa significasse, poi mi hanno spiegato chi era Egidio Calloni, detto “lo Sciagurato”. Così tutto è diventato chiaro, come per incanto.
Ecco il paradosso: sono passato da “Bombardiere nero” a “Callonissett” in un batter d’occhio.
“Sei peggio di Blissett!” sentivo dire ai ragazzini quando giocavano e sbagliavano un goal.
Ed io, di reti, quella dannata stagione, ne ho sbagliate a bizzeffe. Però cinque le ho pure segnate!
“Me lo ha consigliato un giardiniere di Londra!”. Questo diceva il presidente del Milan.
Ma quello che più mi ha fatto incazzare è stato scoprire che gli osservatori del Milan si erano confusi tra me è John Barnes, mio compagno al Watford. Ma come si fa, dico io? Siamo diversi. Non ci somigliamo nemmeno un po’. Poi io segno reti a raffica e lui no. Non aveva futuro quel ragazzino. Volevano o no un bomber. Secondo me questa voce l’anno messa in giro per ferirmi.
Ve lo avevo già detto che i miei compagni erano gelosi, no!