“B asta Bierhoff a fare la differenza in questi Europei mediocri, privati di alcuni fuoriclasse da c.t. presuntuosi; un Bierhoff che Vogts non ha utilizzato neppure quando, fra squalificati e feriti, non riusciva a mettere in campo undici giocatori. C’è una sorta di nemesi, c’è una beffarda morale nel ritrovarlo nei panni del trionfatore. Dimostra quanto dico da tanto tempo: abbiamo il miglior vivaio d’Europa, bastava gestirne la ricchezza con oculatezza e buon senso per vincere. Non servono geni, non servono sofisticate ingegnerie calcistiche. Oppure Sacchi ed i suoi reggicoda vorranno farci credere che Bierhoff è un campione leggendario, che individualmente (come disse il c.t.) i nostri sono inferiori ai tedeschi e solo applicando il suo magico gioco potremmo batterli? Senza di lui l’abbiam fatto sempre. È proprio sicuro che gli attaccanti italiani (compresi quelli da lui messi all’indice) valgano meno di Klinsmann, Bierhoff, Bobic e Kuntz? Non Bestemmiamo. Crede davvero che da queste parti non ci sia gente migliore di Sammer, Reuter, Moeller, Haessler, Kohler ecc., ripudiati dai nostri club perché non riuscivano più ad emergere in un campionato duro come quello italiano? Si possono sbagliare scelte, formazioni, cambi, tattica, strategia, allenamenti ma non la corretta valutazione dei valori. L’impresa di Bierhoff, i pasticci dei ceki, l’ansimare di questa Germania orgogliosa, ma piena di vecchi, faranno capire ai trinariciuti quale irripetibile occasione abbiamo sprecato. Bastava un c.t. qualsiasi, senza l’ossessione di coltivare la propria grandezza.”
(Giorgio Tosatti)
A 18 anni esordisce in Bundesliga fra le file del Bayer Uerdingen, con cui disputa i suoi primi due campionati, prima di passare, nel 1988 all’Amburgo.
Dopo un campionato, a gennaio 1990 viene ceduto al Borussia Mönchengladbach. Anche qui gioca pochi mesi Oliver, così si accasa in Austria al Salisburgo dove segna 23 reti.
A questo punto gli osservatori Italiani si interessano a lui e a fine stagione è l’Inter ad aggiudicarsi l’asta, e Oliver viene girato in prestito all’Ascoli del vulcanico presidente Costantino Rozzi.
L’esordio in Serie A non è dei migliori: 17 partite e soli 2 gol, uno contro il Foggia e l’altro proprio contro l’Inter. L’Ascoli retrocede in Serie B.
In maglia bianconera Oliver disputa tre campionati cadetti conquistando il titolo di capocannoniere nel 1992/93 e di vice nel 1993/94. Nel 1995 Oliver passa così all’Udinese e segna 18 gol in campionato.
Nel 1997/98 i friulani ottengono il terzo posto dietro Juventus e Inter, mentre Oliver è capocannoniere con 27 gol.
La stagione 1998/99 passa al Milan a far coppia con George Weah: in campionato mette a segno 19 gol, 15 dei quali di testa contribuendo alla vittoria dello scudetto.
Resta al Milan per altre due stagioni, concludendo la sua esperienza in rossonero con 119 presenze e 44 reti.
Nel 2001 si trasferisce al Monaco dove rimane per una sola stagione.
A 34 anni rientra in Italia, per chiudere la carriera al Chievo: nella sua ultima partita segna una memorabile tripletta contro la Juventus nella partita persa per 4-3 in trasferta.
Oliver gioca in nazionale poco più di due anni e mette a segno 20 gol. È del titolo europeo del 1996: subentra nella finale contro la Repubblica Ceca, con la sua squadra sotto per 1-0. Oliver sigla prima il pareggio e poi il golden goal (il primo della storia del calcio), che vale il trionfo.
Partecipa anche ai Mondiali del 1998 con 5 presenze e 3 gol e a 34 anni a quelli del 2002 segnando un gol contro l’Arabia Saudita. La Germania è sconfitta in finale dal Brasile, per Oliver l’ultima partita in nazionale.
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- Fotografia: Torino, stadio delle Alpi, 12 aprile 1992. Oliver Bierhoff e Jürgen Kohler nel corso della sfida tra Juventus e Ascoli (1-0) valevole per la 28ª giornata del campionato italiano di Serie A 1991-1992; nell'immagine, Bierhoff indossa la seconda divisa rossa dell'epoca del club marchigiano. - Fonte Ascoli Calcio 1898, su melbournevictory.net, 4 febbraio 2007. via Wikipedia