“S e potessi scegliere, vorrei poter morire lì, nello stadio del Benfica. E’ la mia casa. E’ lì che sono diventato un uomo. E’ lì che vivo da quando avevo 18 anni. Certo non posso scegliere, ma mi piacerebbe … E per di più durante una partita intensa, combattuta e con una vittoria del Benfica.”
(Eusébio)
“Dissi a Coluna, “O Monstro Sagrado”, il nostro capitano, che volevo calciarlo io quel calcio di rigore. Lui acconsentì. Così posiziono giù la palla sul dischetto del rigore mentre il portiere del Real Madrid Araquistan continuava a dirmi in spagnolo: negretto, puttana, frocio. Mi sono voltato verso Coluna che capiva lo spagnolo e gli ho chiesto cosa significava tutto quello che mi stava dicendo il portiere avversario. Lui mi ha detto semplicemente “Segna poi te lo dico.” Allora ho calciato e ho segnato. Alla fine della partita, Araquistan si è fermato a parlare con Coluna. Poi è venuto da me per scusarsi. Solo a quel punto Coluna sorridendo mi disse che mi aveva preso a cattive parole per farmi innervosire.”
(Eusébio)
“Non potrò mai dimenticare i miei vecchi compagni di squadra. Mi hanno sempre dato consigli. Ero sempre con loro perché è stato con loro che ho imparato ad essere un uomo. E’ stato grazie a loro che ho imparato a rispettare i miei avversari. E’ stato grazie a loro che ho imparato a guadagnarmi il rispetto sul campo.”
(Eusébio)
“Non c’è dubbio. Eusébio è uno dei migliori giocatori contro cui abbia mai avuto il privilegio di incrociare i tacchetti: non solo, è un vero uomo di sport, come ha dimostrato applaudendo Alex Stepney per il suo salvataggio nella finale di Coppa dei Campioni del 1968. Per me non è solo un avversario ma un amico prezioso.”
(Sir Bobby Charlton)