In un’epoca calcistica in cui Diego Maradona illuminava Napoli, l’Argentina e il mondo intero, la Danimarca era guidata da Michael Laudrup, la Jugoslavia da Dragan Stojkovic e il Belgio era orchestrato da Enzo Scifo, la Romania si affidava ai piedi di uno dei più grandi registi dell’età moderna: l’incomparabile Gheorghe Hagi.
“Gica”, “il Maradona dei Carpazzi”, il “Comandante”, il “Regele”.
La cosa più straordinaria è che, in un paese come la Romania in cui l’estrema destra ha un’influenza molto significativa, Gica ha saputo mettere tutti d’accordo pur non essendo un rumeno.
È un Arumeno Gica.
È parte di un gruppo di due milioni e mezzo di persone sparse nell’Europa sudorientale, discendenza diretta della colonizzazione delle legioni romane.
“Porto lo stesso nome di mio nonno, e ne sono orgoglioso. Era un pastore mio nonno, come la maggior parte degli Arumeni. Un giorno mi chiese se non avessi voglia di andare a passare l’intera giornata con lui a badare alle pecore. Ero felicissimo, mi è piaciuto dividere formaggio e pomodori con lui, e ad oggi ad essere onesti è ancora il mio cibo preferito.”
“Non credo che la scelta di andare al Real sia stata una buona mossa per lui. Era al Brescia con me che gli facevo da chioccia e con Ioan Sabau e Florin Raducioiu suoi compagni anche in nazionale. Doveva essere l’apice della sua carriera, ma al Real è rimasto solo e Gica è un giocatore che ha bisogno di affetto. Quelli come lui non sono giocatori, sono artisti. Possono fare tutto ciò che vogliono. Possono segnare da qualsiasi posizione. Possono far girare un’intera squadra. Sono il sale del calcio. Ma come tutti i grandi talenti ha il piccolo difetto di essere incostante.”
(Mircea Lucescu)
“Hagi è un nobile, così importante per il calcio rumeno che mi è mancato solo vederlo giocare in groppa a un cavallo bianco.”
(Jorge Valdano)
“Sono ancora arrabbiato coi dirigenti del Brescia di allora: lo dico adesso, dopo tanti anni, ma avevo ricevuto un’offerta dal Napoli, per essere l’erede di Maradona. Lui era andato via e io sarei diventato il nuovo Diego, ma a Brescia non accettarono l’offerta.”
Gheorghe Hagi
“Sono finito al Barcellona, lì c’era il mio idolo in panchina, Cruijff. Ero negli Stati Uniti per il Mondiale del 1994 e mi telefona per convincermi a giocare per lui. Non ce n’era bisogno: era il mio sogno. Ho amato la sua Olanda. Sono uno dei pochi giocatori stranieri ad aver giocato e segnato per Barça e Real. A Madrid ho conosciuto il calcio d’alto livello, a Barcellona il calcio organizzato.”
Gheorghe Hagi
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