“È un fuoriclasse puro, quindi giocatore di statura straordinaria, mondiale. È l’unico, assieme a Zidane, in grado di cambiare volto a una squadra. Anzi più di Zidane. Rui è giocatore universale, completo.”
(Zvonimir Boban)
Corre l’anno 1982. È il 13 Marzo. Rui ha nove anni, fra pochi giorni ne compirà 10. Intanto sono le ore 10 e su un campo senza erba del centro sportivo, Rui deve dimostrare il suo valore sotto gli occhi di Eusébio. La leggenda in persona se ne sta al di là della recinzione. Rui, alle ore 10 sul campo senz’erba numero 4 si gioca l’opportunità di entrare nelle giovanili del Benfica e lo sta facendo di fronte al più grande calciatore Portoghese d’ogni tempo. Sono le 10, il provino ha inizio.
Rui riceve la palla e senza fretta, senza sforzo apparente, evita due avversari con un pallonetto, poi ne salta altri tre e va in porta da solo. Tutto con calma. Tutto come se fosse la cosa più naturale a questo mondo.
Eusébio ha gia visto abbastanza.
Rui viene preso.
Sono le ore 10 e 10.
Sono passati appena dieci minuti.
È la stagione 1992/93, a Torino si gioca la partita di ritorno valevole per i quarti di finale di Coppa UEFA, Juventus-Benfica. La Juventus sta vincendo 3-0 e mancano pochi minuti alla fine della gara. Rui è in campo dall’inizio. Nel secondo tempo Roberto Baggio viene sostituito. Rui vuole chiedergli la maglia. Allora inizia a gettare occhiate nervose verso la panchina bianconera dove Baggio sta seduto. Ha paura Rui che qualcuno dei suoi compagni sia più veloce. Allora quegli ultimi minuti Rui li passa giocando in quella zona, nei pressi della panchina della Juventus. L’arbitro fischia la fine. Il Benfica viene eliminato. Rui è il primo a raggiungere Baggio, e Baggio scambia con lui la maglietta.
Dopo qualche tempo arriva in Italia Rui, alla Fiorentina, e incontra di nuovo Roberto Baggio. I due si salutano nel tunnel che li porterà sul campo, si parlano e Rui gli racconta questa storia: da quel momento, ogni volta che hanno giocato contro, si sono scambiati la maglia.
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