“Q uando è nato mio figlio e ho deciso di chiamarlo Fidel mia madre mi ha detto: “Non trovi sia troppo forte, troppo impegnativo per un bambino?” E io le risposi: “Mamma, ricordi cosa avete fatto a me?”.”
“Nel 1964 in Brasile ci fu un colpo di stato guidato dai militari, la conseguenza fu la dittatura. Io avevo solo 10 anni e ricordo mio padre che bruciava tutti i suoi libri sul Bolscevismo. È questo episodio che ha fatto nascere in me l’interesse per la politica.
Il calcio sarebbe arrivato solo dopo, per caso.
Io ero figlio della dittatura.
Non mi sono mai girato dall’altra parte e non mi sono mai tirato indietro difronte alle ingiustizie sociali che venivano commesse nel mio Paese.
Ho avuto amici che hanno dovuto nascondersi per sopravvivere o addirittura che sono dovuti fuggire per salvarsi la vita.
Io sono stato solo più fortunato, a me è capitato di essere bravo nel gioco del calcio.”
“Quella (il Corinthians) è stata la squadra più forte nella quale io abbia mai giocato perché era molto più di una semplice squadra di calcio. Andava oltre lo sport. Le mie vittorie politiche sono più importanti delle vittorie conseguite sul campo di gioco. Una partita termina dopo novanta minuti, ma la vita continua.”
“Prima di ogni cosa c’è la bellezza. La vittoria è qualcosa di secondario. Quello che davvero conta è la gioia.”
“Il calcio è un’arte e come tale dovrebbe mettere in mostra la creatività, vincere non è la cosa più importante.
Se Vincent van Gogh e Edgar Degas avessero saputo in anticipo il livello di notorietà che avrebbero raggiunto, probabilmente non sarebbero riusciti ad ottenere i risultati cui sono arrivati.
Quando sei un artista, e ripeto il calciatore è un artista, devi divertirti, devi dare libero sfogo a quella creatività senza stare lì a pensare: ‘ma alla fine vincerò?’”
Sócrates, un giorno ha espresso un desiderio: “Vorrei morire di Domenica mentre il Corinthians che si laurea campione.” E così è stato!
Parabéns Doutor!
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