“P ietro Anastasi finì per essere il simbolo vivente di un’intera classe sociale: quella di chi lasciava a malincuore il Meridione per andare a guadagnarsi da vivere nelle fabbriche del Nord.”
(Alessandro Baricco)
“Per tutti ero ‘Petruzzu ‘u turcu’ (Pietro il Turco) perché d’estate diventavo nero come la pece. Sono cresciuto con John Charles come idolo, nel portafoglio conservo ancora la foto fatta con lui al Cibali.”
Petruzzu esordisce nella Massiminiana ma la ribalta vera e propria arriva con il Varese.
Durante il campionato di Seria A del 1968 segna addirittura una tripletta contro la Juventus in un famoso Varese-Juventus 5-0.
“Gianni Agnelli mi voleva da mesi, da quando mi aveva visto segnare una tripletta proprio contro la Juve. Ero al settimo cielo perché vestivo la maglia della squadra di cui sono sempre stato tifoso. Si avverava un sogno.”
Così arriva alla Juventus a cui lega la sua attività calcistica giocandoci per 8 stagioni a cavallo degli anni 1960 e 1970 e diventandone uno degli uomini-simbolo nonché uno degli idoli dei tifosi, fino a esserne nominato capitano dal 1974 al 1976.
“Ogni tanto, durante le partite, qualcuno mi insultava a colpi di ‘terrone’. Lo facevano più che altro per farmi innervosire. Io lo sapevo e tranquillamente gli rispondevo dicendogli: “Sarò pure terrone, ma guadagno più di te che sei un ‘polentone’.”
“Per i tanti lavoratori che venivano dal Sud e che si facevano il mazzo in fabbrica sono diventato un simbolo, anzi ero uno di loro, quello che aveva avuto la buona sorte di giocare a pallone. Ricordo che mi fermavano fuori dello stadio e mi dicevano di farmi valere anche per loro. Mi rendeva orgoglioso.”
È considerato uno dei migliori attaccanti italiani della sua generazione: “Giocavo come n. 9, però poi il n. 9 lo facevo poche volte. Giocavo soprattutto sulle fasce laterali, a cercarmi gli spazi e mettere delle palle in mezzo.”
“Quando mancano venti minuti alla fine, Parola mi dice di entrare al posto di Bettega. In cinque minuti, dall’83’ all’88’, realizzo una tripletta. Nessun subentrante era mai riuscito nell’impresa prima […] Felice Pulici [il portiere laziale] fece come l’orso nei giochi della fiera: a ogni sparo, cambiava direzione, senza capirci più nulla.”
(Riferito alla sua tripletta in Juventus — Lazio 4-0, 27 aprile 1975)
Con la Juventus gioca 258 partite e segna 78 reti.
L’8 giugno 1968 l’esordio in nazionale, allo stadio Olimpico di Roma, a vent’anni da poco compiuti, nella finale del campionato d’Europa contro la Jugoslavia finita in parità.
“Ero nello spogliatoio, mi chiama Valcareggi e mi fa: “Picciotto tocca a te!” E non aggiunge altro.”
Nella ripetizione giocata due giorni dopo, segna con una mezza rovesciata dal limite dell’area. “De Sisti mi passò il pallone, tirai e ne venne fuori un gran gol.”
Il definitivo 2-0 finale.
“È stata una vicenda triste. Se siamo arrivati a quello scambio, però, è perché io avevo litigato con l’allora allenatore della Juventus, Carlo Parola. Ero praticamente fuori rosa, così Boniperti si mise all’opera per quella trattativa incredibile. Per me però è stata durissima. Venivo da otto anni di Juventus, andavo in una rivale come l’Inter. Non l’avrei mai voluto. Sono passati quasi quarant’anni, ma se si dice Anastasi si pensa alla Juventus. E se si dice Boninsegna si pensa all’Inter.”
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