Waldir Peres de Arruda

Waldir Peres de Arruda

Portiere, nato a Garça (Brasile), il 2 gennaio 1951

“Si dice che ognuno sia artefice del proprio destino. In parte ritengo sia vero. Tal volta però il destino può davvero essere beffardo.
Beh cari amici lasciatemi pure dire che a me mi ha preso proprio per il culo!

Nel 1982, al Mundial Spagnolo tutti, ma proprio tutti, continuano a ripetere che non serve un portiere affidabile ad uno squadrone come il Brasile. Come dargli torto!
In quella squadra c’è gente come Socrates, Zico, Falcao, Junior, Cerezo, Eder. Quel gruppo di campioni avrebbe stritolato chiunque.

Il destino cari amici, come dicevamo…

Eppure il mio palmares personale prima del 1982 era un palmares di tutto rispetto: 4 campionati paulisti, una Copa do Brasil ed un titolo nazionale. Ma soprattutto, e di questo vado molto fiero, nel 1975, vinco la Bola de ouro, primo portiere a vincere questo trofeo, che l’anno prima era stato assegnato a Zico. Tanto per dire!

Ma torniamo a quell’estate del 1982.
A stravolgere i piani di un intero Paese ecco l’improvvisa esplosione di Rossi, Paolo Rossi, dannato Pablito! È per colpa di quest’uomo che prendere corpo la “Tragedia del Sarrià”, trentadue anni dopo il “Maracanazo” contro l’Uruguay. Quella Selecao, la più forte dai tempi di Pelè, verrà sempre ricordata come la “perfetta incompiuta”.
In Brasile dicono tutti che sia colpa mia, come fecero con il povero Moacir Barbosa. Eppure credete a me nei tre gol di quel dannato Pablito non ebbi responsabilità specifiche.

Nel primo avrei potuto tentare l’uscita sul cross di Cabrini ma in tutta onestà dov’erano i difensori?
La seconda rete nasce da un disimpegno sbagliato sul quale quell’ira di Dio si avventa come un avvoltoio, mentre nel terzo e ahimè decisivo gol ancora una volta la mia difesa si dimentica di Pablito in beata solitudine.

Quindi cari amici, se fossi alla sbarra, in un processo equo, un buon avvocato parlerebbe di corresponsabilità, semmai, ma non di colpe esclusive. Tuttavia in Brasile il processo ci fu, sommario, ed io venni condannato senza pietà.

Condannato dal mio stesso popolo, proprio come il povero Moacir Barbosa.”

Le parole liberamente attribuite a Waldir Peres de Arruda sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, sono ispirate a fatti realmente accaduti e in seguito romanzate.